TRIBUNALE DI VITERBO Il giudice dell'esecuzione nel procedimento R.E. n. 10201/2013 promosso da societa' Abete S.r.l., creditore procedente, contro GI.VA Immobiliare S.r.l., debitore esecutato e nei confronti di ASSO S.r.l., terzo pignorato. Intervenuti: letti gli atti della procedura esecutiva di cui alla epigrafe, sciogliendo la riserva presa alla udienza del 21 settembre 2016. Premesso che: Fatto e svolgimento del processo. 1. Con atto di pignoramento presso terzi notificato in data 23 luglio 2013, la societa' Abete S.r.l., creditore procedente, la creditrice, premesso di vantare un credito di € 137.702,65 nei confronti di GI.VA Immobiliare S.r.l. in forza di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 11/13 emesso dal Tribunale di Trento, e di essere a conoscenza delle seguenti circostanze: a) che la sua debitrice (GI.VA Immobiliare S.r.l.) vantava un credito nei confronti della ASSO S.r.l. (terza pignorata) in quanto aveva sottoscritto un preliminare di compravendita in data 20 luglio 2008, corrispondendo una caparra di € 229.110,97; b) il contratto preliminare era stato risolto e la ASSO S.r.l. si era impegnata, con contratto di subleasing, a restituire la predetta somma in centosettantanove mensilita' pari al numero di canoni di subleasing; cio' premesso, sottoponeva a pignoramento «tutte le somme dovute e debende dalla parte terza sopra citata alla societa' GI.VA Immobiliare S.r.l. a qualsiasi titolo nella misura di legge, fino alla concorrenza del proprio credito oltre gli interessi e le spese del presente procedimento». 2. Il terzo ASSO S.r.l. rendeva dichiarazione di terzo negativa, in data 10 settembre 2013 affermando di non avere alcun debito nei confronti della debitrice esecutata «atteso che il contratto di subleasing del 1° giugno 2012 si e' risolto ex art. 1456 del codice civile per grave inadempimento della GI.VA Immobiliare medesima». 3. La creditrice procedente, a verbale della udienza del 20 dicembre 2013 (tenutasi dinanzi al G.E. dott. Gatti), contestava la dichiarazione negativa, e chiedeva l'assegnazione del credito, affermando che la dichiarazione del terzo era di contenuto positivo, infatti ammetteva il rapporto cosi' come descritto nell'atto di pignoramento presso terzi e poi sosteneva che tale contratto si fosse risolto per inadempimento della GI.VA Immobiliare S.r.l., ma la circostanza della avvenuta risoluzione per inadempimento doveva essere provata dal terzo. Oltretutto la GI.VA stava ancora operando all'interno del capannone, quindi non era possibile che il contratto si fosse risolto. Doveva anche considerarsi la circostanza che la GI.VA Immobiliare S.r.l. aveva versato un importo di € 130.989,18 come caparra ed un importo di € 98.121,79 come acconto, come risultava dal contratto preliminare di compravendita, pertanto almeno la somma versata come acconto doveva essere restituita e, visto che la terza pignorata aveva fatto riferimento alla risoluzione e non al recesso, il danno doveva essere provato, con conseguente necessita' di restituzione della intera somma data come caparra, qualora il danno non fosse stato dimostrato. Aggiungeva infine che il contratto di subleasing era stato stipulato in frode ai creditori e che, pertanto, la clausola che autorizzava la ASSO S.r.l. a trattenere tutte le somme ricevute in caso di inadempimento della GI.VA Immobiliare S.r.l. era nulla e comunque illecita. Qualora tale clausola fosse stata ritenuta lecita, si trattava di una penale eccessiva, che doveva essere ridotta ai sensi dell'art. 1384 del codice civile dal G.E. In ogni caso chiedeva che si accertasse l'esistenza del credito, produceva copia del contratto preliminare di compravendita, un contratto integrativo del preliminare, le visure di GI.VA Immobiliare S.r.l. e di ASSO S.r.l., copia contratto di subleasing e chiedeva rinvio per articolare mezzi istruttori. 4. Alla udienza del 28 marzo 2014 tenutasi dinanzi al G.E. dott. Gatti, il procuratore del creditore insisteva nelle sua tesi difensiva e chiedeva l'ammissione dei documenti depositati (sostenendo che ne' il debitore ne' il terzo pignorato avessero contestato le produzioni documentali gia' effettuate, pertanto le copie facevano piena prova ai sensi dell'art. 2712 del codice civile), l'ammissione di prova per testi, nonche' di CTU per la stima dei lavori fatti nel capannone dalla GI.VA Immobiliare S.r.l. Il G.E. con provvedimento del 9 maggio 2014 preso atto che l'art. 549 del codice di procedura civile, in caso di contestazione della dichiarazione del terzo, dava al G.E. il potere di accertare l'esistenza del credito, pur in presenza di dichiarazione negativa, pertanto «pur in assenza di un giudizio di cognizione di merito» ritenuto di dover salvaguardare «il principio del contraddittorio tra le parti» disponeva che il creditore procedente dovesse notificare entro il 17 giugno 2014 al terzo ed al debitore esecutato «tutti i verbali delle udienze tenutesi» oltre alla copia della suddetta ordinanza. 5. Alla udienza del 18 luglio 2014 si costituiva con memoria difensiva la ASSO S.r.l. (terza pignorata), che deduceva, di svolgere attivita' di acquisto e rivendita immobili, con lo scopo di realizzare un utile dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di rivendita. Per acquistare l'immobile, oggetto del contratto con la GI.VA Immobiliare S.r.l., aveva stipulato un contratto di leasing con la UBI Leasing S.p.a., e aveva anticipato € 108.120,00 obbligandosi al pagamento di duecentoquindici rate mensili per un importo di € 3.227,75 ciascuna; per trarre un utile dalla suddetta operazione, avrebbe dovuto cedere l'immobile (oggetto del preliminare con la GI.VA Immobiliare S.r.l.) entro la data del 31 luglio 2010, ma cio' non si era verificato, per inadempienza della GI.VA Immobiliare S.r.l. La ASSO S.r.l. preso atto di cio', aveva cercato di limitare il danno, accettando di stipulare il contratto di subleasing, ma la GI.VA Immobiliare S.r.l. aveva perseverato nel suo comportamento inadempiente, non pagando neppure le rate mensili del subleasing. Non si comprendeva quale fosse quindi il presunto debito della ASSO S.r.l. nei confronti della GI.VA Immobiliare S.r.l. dal momento che la ASSO S.r.l. aveva gia' dovuto pagare 330.000 alla societa' di leasing, importo costituito perlopiu' da interessi (€ 108.120,00 alla stipula e settanta rate di € 3.227,75 ciascuna, oltre IVA), era rimasta indebitata per le successive rate del leasing, non aveva la disponibilita' del bene, che era ancora oggetto della procedura fallimentare n. 911/2013 reg. fall. pendente dinanzi al Tribunale di Roma. A proposito di tale procedura depositava (documento n. 8 allegato alla comparsa) copia del «Ricorso per la restituzione - Rivendicazione di bene immobile» con cui la ASSO S.r.l. chiedeva al fallimento della Imballaggi Italia S.r.l. reg. fall. n. 911/2013, la restituzione del capannone sito in Civita Castellana, via Flaminia - localita' Prataroni censito al NCEU, foglio n. 5, particelle n. 89, n. 468, n. 476, n. 480, n. 482, sub. n. 10. La caparra e la somma data in anticipo, per un importo complessivo di € 229.110,97 non dovevano affatto essere restituite, e cio' era vero in virtu' della pattuizione esplicita contenuta al riguardo nel contratto di subleasing stipulato tra la ASSO S.r.l. e la GI.VA Immobiliare S.r.l. in data antecedente il pignoramento (1° giugno 2012). Con tale nuovo contratto era stato definitivamente sciolto il contratto preliminare, e si era stabilita la «restituzione» delle somme gia' versate mediante un meccanismo di compensazione da attuarsi mensilmente solo su una parte del canone di leasing. Il contratto prevedeva che: in qualunque caso di risoluzione/cessazione, nulla sarebbe stato piu' dovuto alla GI.VA Immobiliare S.r.l. dalla ASSO S.r.l. per tale titolo. La ASSO S.r.l. aveva voluto dare alla GI.VA Immobiliare S.r.l. una «seconda chance» a seguito del suo inadempimento, ridefinendo le obbligazioni contrattuali con un contratto novativo, ma si era cautelata dalla ipotesi di un secondo inadempimento. La comunicazione di risoluzione per inadempimento, del 29 luglio 2013, successiva al pignoramento, era efficace anche nei confronti del creditore pignorante, in quanto, trattandosi di un contratto cosiddetto «sinallagmatico» il terzo pignorato ASSO S.r.l. e' debitore di una somma, e creditore di un'altra somma (i canoni di sub-leasing), pertanto le vicende del contratto sinallagmatico prevalgono sulle ragioni dei creditori in quanto, in tale ipotesi il terzo pignorato conserva le azioni contemplate dal codice civile, quali la azione di risoluzione ex art. 1453 del codice civile, per inadempimento, la risoluzione per clausola risolutiva espressa, l'eccezione di inadempimento contrattuale, tali eccezioni sono sempre opponibili al creditore pignorante, e cio' a maggior ragione se fondate su fatti antecedenti alla notifica del pignoramento. A voler ragionare diversamente, il terzo resterebbe spogliato delle proprie ragioni difese ed eccezioni che si fondano sul vincolo sinallagmatico, e che l'ordinamento mette a disposizione di ogni contraente. Ad esempio un datore di lavoro, al quale sia stato notificato il pignoramento, puo' sempre esercitare la facolta' di licenziare il dipendente, qualora sia possibile configurare la sussistenza della giusta causa, senza che a cio' possa ostare in alcun modo l'avvenuta notifica del pignoramento. L'inadempimento era precedente alla notifica del PPT in quanto ASSO S.r.l. aveva interrotto i pagamenti dal mese di marzo 2013 e fino a giugno 2013, e comunque il contratto doveva considerarsi risolto di diritto considerando il termine essenziale ex art. 1457 del codice civile, ex art. 7 del contratto di subleasing (allegato n. 5 alla comparsa). Al momento della stipula del contratto di subleasing inoltre la ASSO S.r.l. non aveva alcuna conoscenza del credito della Abete, atteso che il decreto ingiuntivo era successivo di un anno e mezzo, quindi era fuori luogo parlare di frode ai creditori come aveva sostenuto la creditrice. Chiedeva quindi il rigetto della istanza di assegnazione. Il creditore chiedeva termine per contro-deduzioni, il G.E. rinviava al 10 ottobre 2014 con termine per note. Nella memoria depositata in data 16 settembre 2014 il creditore sosteneva che: il contratto di subleasing prevedeva da un lato che GI.VA Immobiliare S.r.l. si obbligasse a pagare centosettantanove canoni di subleasing di € 4.507,69 mensili + IVA e che ASSO S.r.l. si impegnava a rimborsare a GI.VA Immobiliare S.r.l. l'importo di € 229.110,97 mediante compensazione di parte del canone mensile suddetto, per € 1.279,94 mensili moltiplicato per centosettantanove rate. GI.VA Immobiliare S.r.l. aveva versato i canoni dal 1° giugno 2012 al marzo 2013 (totale € 38.733,00). In totale ASSO S.r.l. aveva incassato da GI.VA Immobiliare S.r.l. € 267.843,97 ed era ancora proprietaria del capannone. ASSO S.r.l. aveva tratto vantaggio dalla situazione e non aveva subito danni. Il contratto preliminare non si era risolto con la stipula del contratto di subleasing, ma entrambi i contratti erano rimasti in essere e il contratto di subleasing aveva regolato solo una parte del rapporto, fermo restando l'accordo preso col preliminare. Il contratto preliminare infatti, era qualificabile come un contratto definitivo, pertanto le parti, senza realmente scioglierlo, si erano solo accordate su una diversa modalita' di versamento del prezzo in quanto la GI.VA Immobiliare S.r.l. non voleva intestarsi l'immobile, e per evitarlo stava cercando un altro acquirente. In ogni caso, se il contratto preliminare si era «risolto» ASSO S.r.l. doveva restituire le somme percepite e poi eventualmente ottenere il risarcimento di eventuali danni determinati dal giudice. Se il contratto preliminare non si era risolto, doveva considerarsi pignorato e quindi assegnarsi il credito eventuale e/o futuro infatti GI.VA Immobiliare S.r.l. non si sarebbe mai intestata l'immobile, per evitare che esso fosse aggredito dai creditori, dal canto suo ASSO S.r.l. non avrebbe mai agito ai sensi dell'art. 2932 del codice civile, dato che GI.VA Immobiliare S.r.l. non avrebbe mai pagato il prezzo. L'unica azione esercitabile, in via surrogatoria da Abete S.r.l. e' quindi quella di esercitare il diritto di recesso, e «trattenersi la caparra», oppure chiedere la risoluzione per inadempimento, in un caso e nell'altro GI.VA Immobiliare S.r.l. avrebbe diritto alla restituzione della somma versata in acconto sul prezzo pari ad € 98.121,79. In ogni caso il creditore chiedeva l'assegnazione di: «quel credito futuro che fara' capo a GI.VA Immobiliare S.r.l. qualora ASSO S.r.l. (o Abete S.r.l. in surrogatoria) agisse per la risoluzione del preliminare o per fare valere il suo recesso». Sosteneva che la lettera del 31 luglio 2013 con cui ASSO S.r.l. aveva comunicato a GI.VA la volonta' di avvalersi della clausola risolutiva espressa, era inefficace ed inopponibile alla creditrice, pertanto il contratto di subleasing era ancora in vigore e ASSO S.r.l. era tenuta a restituire a GI.VA Immobiliare S.r.l. € 229.110,97. Qualora il G.E. avesse ritenuto risolto il contratto di subleasing, la perdita della caparra/acconto di € 229.110,97 costituiva una penale ex art. 1382 del codice civile che il G.E. doveva ridurre ai sensi dell'art. 1384 del codice civile ed assegnare ad Abete S.r.l. la differenza tra la somma di € 229.110,97 e la penale ricalcolata. In ogni caso per caparra intendeva solo la somma di € 139.989,18 e il G.E. doveva assegnare l'acconto sul prezzo, che dovrebbe essere restituito per € 98.121,79. Inoltre GI.VA Immobiliare S.r.l. aveva eseguito dei lavori sul capannone, il cui importo doveva essere riconosciuto a credito di GI.VA Immobiliare S.r.l. e quindi assegnato alla creditrice procedente. Diversamente opinando si sarebbe determinato un ingiustificato arricchimento in capo al terzo pignorato. In altre parole, seppure in modo piuttosto confuso, il creditore sosteneva che sia il preliminare che il subleasing erano rimasti vigenti tra le parti, che in caso di recesso di una delle parti, o di risoluzione di detti contratti, come affermato dalla terza pignorata, la somma versata a titolo di anticipo sul prezzo doveva essere restituita da ASSO S.r.l. a GI.VA Immobiliare S.r.l. (e per essa al suo creditore) e che la caparra era stata trasformata, nel contratto di sub leasing, in una penale eccessiva, che dunque doveva essere ridotta dal G.E., anche di ufficio, con conseguente attribuzione al creditore della differenza. Successivamente alla udienza del 10 ottobre 2014, con ordinanza riservata del 22 dicembre 2014 il G.E. ammetteva la prova per testi chiesta dal creditore. Alla udienza del 9 giugno 2015 veniva sentito il dott. Berti Vittorio, consulente della societa' creditrice, il quale riferiva che il legale rappresentante della societa' creditrice (sig. Nencini) gli aveva riferito la circostanza che la GI.VA Immobiliare S.r.l. gli aveva proposto di' compensare il credito mediante acquisto delle quote della GI.VA Immobiliare S.r.l. stessa. Il dott. Pecoraro gli aveva poi riferito che la GI.VA Immobiliare S.r.l. aveva la proprieta' di un capannone e gli aveva mandato con e-mail la copia del preliminare e del contratto di subleasing. Sul capitolo 5 («vero che il dott. Pecoraro riferiva al ragioniere Berti che il contratto preliminare del luglio 2008 era ancora vigente e che il contratto di subleasing era stato stipulato per esonerare ASSO S.r.l. dai canoni di leasing in attesa che GI.VA Immobiliare S.r.l. vendesse il capannone a terzi») rispondeva «non e' vero, il dott. Pecoraro non disse alcunche' di quanto mi si legge». La difesa della creditrice alla successiva udienza, vista la mancata comparizione dell'altro teste ammesso, dott. Pecoraro Giorgio, vi rinunziava. Il G.E. in persona della dott.ssa Crescentini, con ordinanza riservata del 25 marzo 2016 respingeva la istanza di CTU relativa ai lavori eseguiti nell'immobile dalla GI.VA Immobiliare S.r.l. e rinviava al 21 settembre 2016. In diritto A) Nel procedimento in epigrafe, instaurato in data 23 luglio 2013, con la notifica del PPT, deve essere applicato l'art. 549 del codice di procedura civile nella sua formulazione a seguito delle modifiche intervenute con legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di stabilita' 2012. Testo art. 549 (Contestata dichiarazione del terzo). - «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». Occorre anche tenere presente che tale articolo e' stato modificato con la legge di conversione del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, dopo che era stato gia' instaurato il contraddittorio con il terzo e con il debitore, mediante la notifica della ordinanza del 9 maggio 2014 e dei verbali di causa. Tale nuova normativa, introdotta con la legge di conversione del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, si differenzia dalla precedente in quanto: 1) prevede la ulteriore ipotesi (estranea alla fattispecie di cui si verte in questo processo) in cui la dichiarazione del terzo manchi del tutto e non sia possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo; 2) prevede che il G.E. proceda agli accertamenti solo «su istanza di parte»; 3) prevede che il giudice debba procedere «nel contraddittorio tra le parti e con il terzo». Confronto: +-------------------------------------+-----------------------------+ | |Art. 549 del codice di | | |procedura civile. Come | | |modificato dall'art. 13, | | |comma 1, lettera m-ter), | | |decreto-legge 27 giugno 2015,| | |n. 83, convertito, con | | |modificazioni dalla legge 6 | | |agosto 2015, n. 132, a | | |decorrere dal 21 agosto 2015;| | |per l'applicazione di tale | | |disposizione vedi l'art. 23, | |Art. 549 del codice di procedura |comma 9, dello stesso | |civile. Come sostituito dall'art. 1, |decreto-legge n. 83/2015. 9. | |comma 20, n. 4), legge 24 dicembre |Le disposizioni di cui | |2012, n. 228, a decorrere dal 1° |all'art. 13, diverse da | |gennaio 2013 ai sensi di quanto |quelle indicate nel presente | |disposto dal comma 561 dell'art. 1 |articolo, si applicano anche | |della citata legge n. 228/2012 e con |ai procedimenti pendenti alla| |i limiti di applicabilita' previsti |data di entrata in vigore del| |dal comma 21 dello stesso art. 1. |presente decreto. | +-------------------------------------+-----------------------------+ | |Se sulla dichiarazione | | |sorgono contestazioni o se a | | |seguito della mancata | | |dichiarazione del terzo non | | |e' possibile l'esatta | | |identificazione del credito o| | |dei beni del debitore in | | |possesso del terzo, il | | |giudice dell'esecuzione, su | | |istanza di parte, provvede | | |con ordinanza, compiuti i | |«Se sulla dichiarazione sorgono |necessari accertamenti nel | |contestazioni, il giudice |contraddittorio tra le parti | |dell'esecuzione le risolve, compiuti |e con il terzo. L'ordinanza | |i necessari accertamenti, con |produce effetti ai fini del | |ordinanza. L'ordinanza produce |procedimento in corso e | |effetti ai fini del procedimento in |dell'esecuzione fondata sul | |corso e dell'esecuzione fondata sul |provvedimento di assegnazione| |provvedimento di assegnazione ed e' |ed e' impugnabile nelle forme| |impugnabile nelle forme e nei termini|e nei termini di cui all'art.| |di cui all'art. 617.». |617. | +-------------------------------------+-----------------------------+ Nel presente procedimento il contraddittorio e' stato instaurato con la notifica della ordinanza del 9 maggio 2014 e dei verbali di causa. Occorre precisare che la modifica introdotta dalla legge di conversione del decreto-legge n. 83 del 27 giugno 2015 ed in particolare dall'art. 13, comma 1, lettera m-ter), decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, evidentemente ha recepito alcuni orientamenti gia' espressi dalla giurisprudenza di merito, come quello seguito dal G.E. nella presente procedura, secondo cui occorreva l'instaurazione di un vero e proprio contradditorio con il debitore e soprattutto con il terzo, al fine di poter procedere agli accertamenti ed alla emissione della ordinanza prevista dal presente articolo. Attraverso la notifica della ordinanza che ha disposto procedersi agli accertamenti ai sensi dell'art. 549 del codice di procedura civile, nonche' dei verbali di causa nell'ambito dei quali il creditore procedente aveva formalizzato la «istanza» di procedere a detti accertamenti, si e' inteso dare alle parti (debitore e terzo pignorato) la possibilita' di costituirsi con l'assistenza di un difensore (come poi effettivamente e' accaduto solo per il terzo, in quanto il debitore non risulta formalmente costituito) e di formalizzare compiutamente le contestazioni e le difese e di documentare le proprie allegazioni difensive nonche' di richiedere gli «accertamenti» ritenuti opportuni secondo quanto indicato dall'art. 549 del codice di procedura civile nella sua nuova formulazione. C) A conclusione del sommario procedimento a cui si riferisce l'art. 549 del codice di procedura civile, in caso di «Contestata dichiarazione del terzo» e' previsto che il G.E. debba emettere una ordinanza che «produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». D) Vengono in rilievo quindi, nel caso di specie, delle questioni inerenti la legittimita' costituzionale dell'art. 549 del codice di procedura civile nella sua nuova formulazione, cosi' come modificato dall'art. 1, comma 20, legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di stabilita' 2012, per i procedimenti iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2013, modificato dall'art. 13, comma 1, lettera m-ter), decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dal 21 agosto 2015; che necessariamente deve essere applicato per risolvere la controversa in oggetto (iniziata nel mese di luglio 2013). E) E' bene ricordare che la precedente disciplina era contenuta nell'art. 548 e nell'art. 549 del codice di procedura civile che prevedevano rispettivamente: l'art. 548 del codice di procedura civile: «(Mancata o contestata dichiarazione del terzo). Se il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio di primo grado, puo' essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell'art. 232, primo comma.». L'art. 549 del codice di procedura civile: «Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo». La riforma di cui alla legge n. 228/2012, ha modificato in modo radicale l'ipotesi di «contestata dichiarazione del terzo»: e' stato eliminato un caso di sospensione ex lege del processo esecutivo, per cui non si apre piu' una vera e propria «parentesi cognitiva» nel corso del procedimento espropriativo presso terzi; non si parla piu' di «controversie» intorno alla (fatta) dichiarazione ne' espressamente di «accertamento dell'obbligo del terzo»; non era prevista piu' (espressamente) alcuna «istanza di parte», poi reintrodotta con la legge di conversione del decreto-legge n. 83/2015; non si provvede piu' all'istruzione della causa nelle forme del processo ordinario di cognizione («a norma del libro secondo»); non viene piu' accertata «con sentenza» l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, ma, ai sensi dell'attuale art. 549 del codice di procedura civile si provvede con ordinanza. Art. 549 del codice di procedura civile ora vigente: «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non e' possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo». L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617. Nella vigenza del codice di procedura civile del 1942, l'opinione dottrinale maggioritaria, e poi divenuta prevalente, riteneva che il terzo non fosse citato perche' «si difenda e faccia valere un suo interesse, ma perche' serva gli interessi del processo esecutivo, che si svolge contro il debitore e presso il terzo, giudizio nel quale il terzo - per definizione - non e' parte, in quanto ne' agisce ne' subisce (in senso proprio) l'espropriazione» (Colesanti, Pignoramento presso terzi, in Enc. Dir.,) - (XXXIII, Milano, 1983, 837; Travi, Espropriazione presso terzi, in Novissimo digesto italiano, Torino, 1960, 958). Il terzo non aveva qualita' di parte nel giudizio esecutivo, ma era opinione dottrinale e giurisprudenziale pacifica che avesse tale qualita' nel processo incidentale di accertamento del suo obbligo: un ordinario giudizio di cognizione del quale si ritenevano litisconsorti necessari l'istante, il debitore esecutato e il terzo medesimo (cassazione n. 2406 del 1966; cassazione n. 1427 del 1963). Il giudizio cognitivo aveva carattere eventuale, seguendo alle ipotesi di mancata e di contestata dichiarazione del terzo solo su istanza di parte. In caso di dichiarazione negativa ovvero carente di adeguata specificazione ai fini del perfezionamento dell'atto di pignoramento, il creditore per affermare esistente il diritto del debitore nei confronti del terzo, aveva l'onere di provocare, con apposita istanza, l'instaurazione di un ordinario giudizio di cognizione per l'accertamento dell'obbligo del terzo, che - in caso di esito positivo - gli avrebbe consentito di riassumere e portare a termine l'esecuzione contro il suo debitore, frattanto necessariamente sospesa. Nell'ipotesi in cui, al momento di instaurazione del giudizio sull'accertamento fosse gia' pendente altro giudizio tra il debitore ed il terzo, la giurisprudenza prevalente aveva ritenuto che il giudice dovesse dichiarare la litispendenza per il giudizio successivo e che il creditore procedente fosse legittimato ad intervenire nel giudizio gia' pendente (cassazione n. 281 del 1979, in GI, 1980, I, 1, 166, in dottrina: D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile, II, Torino, 1957, 937; Satta, L'esecuzione forzata, Torino, 1963, 149). Secondo altra opinione, non erano ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un giudizio sul medesimo rapporto tra debitore e terzo (Vaccarella, Espropriazione presso terzi, in Digesto delle discipline privatistiche, Sezione civile, VIII, Torino, 1992, 118). La giurisprudenza sembra avere definito la questione con la pronuncia della cassazione, Sez. un., n. 25037 del 2008, secondo la quale l'oggetto dell'azione di accertamento fosse duplice: sia l'esistenza della situazione sostanziale intercorrente tra terzo e debitore, sia l'assoggettabilita' del credito o del bene all'esecuzione forzata. cassazione Sezione un. civili, 13 ottobre 2008, n. 25037 - Pres. Carbone - est. Travaglino: «Le questioni di giurisdizione sono ammissibili nell'ambito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, previsto dall'art. 548 del codice di procedura civile, atteso che, pur essendo promosso dal creditore in forza di una propria legittimazione ad agire e non in via surrogatoria del debitore, non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo «debitor debitoris» e come tale rilevante ai soli fini dell'esecuzione in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale «ex lege» (massima ufficiale). F) Nella nuova disciplina la controversia conseguente alla contestazione della dichiarazione del terzo sembra, prima facie, assumere i caratteri di un giudizio cognitivo privo di alcun requisito formale in ogni sua fase (introduttiva, istruttoria e decisoria), che si conclude con una ordinanza avente efficacia dichiaratamente limitata al procedimento esecutivo in corso. Sennonche' tale giudizio, a meno di non volerlo limitare alle mere contestazioni di natura puramente formale, inidonee di per se' a ledere i diritti del terzo pignorato, e non incidenti sull'accertamento della esistenza o meno del credito pignorato, appare privo delle piu' elementari forme di tutela nei confronti del terzo pignorato, come osservato immediatamente da parte della dottrina. Il terzo, prima della modifica all'art. 543 del codice di procedura civile introdotta con decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, non era neppure avvertito nella citazione, contenuta nell'atto di pignoramento, con invito a rendere/comunicare la sua dichiarazione, delle conseguenze della mancata dichiarazione/comparizione ai sensi del novellato art. 548 del codice di procedura civile. Il procedimento «sommario» delineato dall'art. 549 del codice di procedura civile, nella sua nuova formulazione: 1) non chiarisce con quali modalita' ed in quali termini e forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 2) non prevede che il creditore debba indicare nel pignoramento/citazione: (come invece previsto per il giudizio ordinario dall'art. 163 del codice di procedura civile n. 3, n. 4, n. 5 e n. 7) «la determinazione della cosa oggetto della domanda», «l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni»; «l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione»; requisiti la cui essenzialita', anche in relazione a quanto previsto dall'art. 111 Cost., e' prevista - a pena di nullita' dell'atto di citazione - dall'art. 164 del codice di procedura civile; 3) la procedura cosi' sommariamente delineata dall'art. 549 del codice di procedura civile non prevede che il creditore debba necessariamente indicare nell'atto di pignoramento presso terzi (contenente la citazione del terzo a comparire alla udienza ai sensi dell'art. 543 del codice di procedura civile n. 4), in modo specifico e non generico l'oggetto e il titolo della domanda nei confronti del terzo (e' previsto infatti dall'art. 543, comma 2 del codice di procedura civile n. 2 che il pignoramento presso terzi debba contenere «l'indicazione almeno generica, delle cose o delle somme dovute e la intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice», e non e' previsto che il creditore debba specificare a quale titolo tali somme o cose siano dovute); 4) prevede per il terzo un termine a comparire estremamente ridotto (dieci giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte negativa; 5) non prevede che il terzo sia necessariamente assistito da un difensore, ne' che egli possa e debba formalizzare le proprie difese e conclusioni in una comparsa, con la necessaria assistenza tecnica, tanto che, parte della dottrina, sottolineando come non sia possibile proporre una semplice istanza nei confronti di un soggetto che non e' parte processuale, ritiene altresi' necessaria la citazione in giudizio del terzo pignorato e, dunque, il differimento dell'udienza con termine per la chiamata; in tal modo, evitando che il sistema presenti profili di incostituzionalita' per violazione degli articoli 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.; 6) non prevede che le parti possano precisare le reciproche domande e conclusioni anche istruttorie (183 VI comma del codice di procedura civile); 7) non prevede quali poteri istruttori abbia il giudice della esecuzione nel compiere i «necessari accertamenti» finalizzati a risolvere le «contestazioni»; 8) non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di merito ma solo che la ordinanza conclusiva del procedimento sia impugnabile nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 del codice di procedura civile senza specificare l'ampiezza dell'oggetto della impugnazione e se essa possa estendersi all'accertamento della esistenza/inesistenza del credito; 9) non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento, in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza e che il legislatore non ha definitivamente chiarito, sebbene la giurisprudenza della suprema corte abbia piu' volte affermato che essa assume valore di titolo esecutivo nei confronti del terzo). In base alla nuova formulazione dell'art. 549 del codice di procedura civile, il terzo: non riceve altro che la notifica di un verbale di udienza e di una ordinanza e non un vero e proprio atto di citazione; quindi non riceve una domanda sufficientemente precisata in ordine al suo oggetto, nonche' ai mezzi di prova addotti dal creditore; non riceve alcun avvertimento circa la necessita' di farsi assistere da un difensore, le preclusioni e le conseguenze di una mancata o inidonea costituzione in giudizio; tuttavia all'esito di questo sommario giudizio dall'oggetto non precisato al suo inizio, e neppure ben precisato nella fase di instaurazione del contraddittorio, il terzo pignorato puo' trovarsi costretto all'opposizione avverso l'ordinanza di assegnazione e/o comunque costretto al pagamento di un debito, magari inesistente - in esecuzione della stessa - ed alla successiva azione di ripetizione (nei confronti di un debitore gia' dimostratosi insolvente - ovviamente). Con il rischio di preclusione della sua facolta' di esperire azione di accertamento negativo del debito nei confronti e del creditore pignorante e (forse), anche del debitore, qualora egli non provveda nei ristretti termini di cui all'art. 617 del codice di procedura civile ad impugnare l'ordinanza di assegnazione. G) Nel caso che ci occupa, il terzo ha avuto l'accortezza di farsi assistere da un difensore, ma risultano comunque estremamente compresse le sue facolta' difensive, sotto vari aspetti: a) in quanto la domanda nei suoi confronti e' stata modificata nel titolo, a seguito delle contestazioni sulla sua dichiarazione negativa, senza che sia prevista alcuna specifica preclusione ne' requisito formale, relativamente alla modificazione della domanda (proprio in quanto genericamente formulata ai sensi dell'art. 543 del codice di procedura civile). Il creditore infatti prima ha sostenuto che i supposti crediti da esso creditore pignorati derivassero da: 1) un preliminare di compravendita sottoscritto dalla debitrice in data 20 luglio 2008, corrispondendo alla terza pignorata una caparra di € 229.110,97; 2) il contratto preliminare era stato risolto e la ASSO S.r.l. si era impegnata, con contratto di subleasing, a restituire la predetta somma in centosettantanove mensilita' pari al numero di canoni di subleasing; cio' premesso, sottoponeva a pignoramento «tutte le somme dovute e debende dalla parte terza sopra citata alla societa' GI.VA Immobiliare S.r.l. a qualsiasi titolo nella misura di legge, fino alla concorrenza del proprio credito oltre gli interessi e le spese del presente procedimento». Successivamente, nella istanza di accertamento a verbale, ha sostenuto che la clausola relativa alla perdita delle somme inserita nel contratto di sub leasing fosse stata stipulata in frode ai creditori e quindi dovesse essere disapplicata, con conseguente obbligo di restituzione; nelle sue note autorizzate, ha invece sostenuto che il credito pignorato derivava da una serie di altre ipotesi alternative alla prima sopra precisata: ed in particolare dalla risoluzione del contratto di leasing e del preliminare per inadempimento di GI.VA Immobiliare S.r.l., come credito per la restituzione dell'acconto sul prezzo e della caparra, previo necessario esercizio di azione diretta o surrogatoria di risoluzione, e previa necessaria riduzione da parte del G.E. della penale/caparra, ovvero dall'esercizio del recesso da parte del promittente acquirente o in via surrogatoria da parte del suo creditore e, quindi, dalla necessita' di restituire almeno l'acconto sul prezzo; in ogni caso dall'effettuazione di lavori sull'immobile, che davano diritto a GI.VA Immobiliare S.r.l. di chiedere il corrispettivo importo, a qualunque titolo dovuto, eventualmente anche di ingiustificato arricchimento. Domande nuove e non contenute nell'originario atto di citazione ne' compiutamente formulate nella istanza di accertamento dell'obbligo del terzo, formalizzata a verbale; b) in quanto non sono definiti i poteri istruttori del G.E., con conseguente notevole indeterminatezza dell'oggetto del contendere anche sotto il profilo della ammissibilita' delle prove richieste ed autorizzabili dal G.E.; c) in quanto, qualora il G.E., superando ogni obiezione in ordine alla genericita' dell'atto di pignoramento presso terzi ed alla diversita' della domanda proposta dal creditore in sede di «accertamenti», dovesse ritenere, in base alla documentazione prodotta ed alle eventuali altre prove ammesse, che il credito di somme di denaro, per restituzione di caparra o anticipo sul prezzo o lavori, o altro sussiste, ed emettere quindi ordinanza di assegnazione dello stesso, tale ordinanza non risulterebbe espressamente impugnabile con appello, ma solo «nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 del codice di procedura civile», quindi con un termine estremamente ridotto (venti giorni), e, almeno stando alla formulazione letterale dell'art. 617 del codice di procedura civile, limitatamente a questioni di natura formale, non inerenti la esistenza del debito, ma le sole modalita' di svolgimento della procedura esecutiva. Art. 617 del codice di procedura civile: le opposizioni relative alla regolarita' formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'art. 480, terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso giudice della esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. La decisione sulla eventuale sospensione della ordinanza di assegnazione, ai sensi degli articoli 617 e 618 del codice di procedura civile, e sempre nei limiti consentiti da una contestazione di natura formale, spetterebbe sempre al medesimo giudice della esecuzione che l'ha emessa, ed il successivo procedimento di merito si svolgerebbe in unico grado, senza possibilita' di appello; d) in quanto parte della giurisprudenza (e della dottrina) riconosce efficacia di titolo esecutivo alla ordinanza di assegnazione nei confronti del terzo (cfr. Cass. civ. 18 marzo 2003, n. 3976), anche se molti autori sono contrari a tale interpretazione sia perche' nel nostro ordinamento i titoli esecutivi costituiscono un numero chiuso (ex art. 474 del codice di procedura civile), sia perche' l'ordinanza di assegnazione di per se' (nel vigore del regime precedente alla riforma del 2012) era ritenuta inidonea al passaggio in giudicato; quindi il terzo in caso di ordinanza di' accertamento del credito/assegnazione, potrebbe trovarsi esposto ad una azione esecutiva basata sulla emanazione di un titolo esecutivo emesso nei suoi confronti all'esito di un procedimento in cui le modalita' di instaurazione del contraddittorio sono molto fumose e indeterminate (inizialmente non e' previsto neppure che egli rivesta la qualita' di parte), e contro l'ordinanza che conclude tale sommarissimo giudizio e' ammessa solo la opposizione ex art. 617 del codice di procedura civile; e) in quanto, in mancanza di costituzione in giudizio del debitore, in mancanza di certezze circa l'idoneita' della notifica dei verbali e della ordinanza a instaurare un pieno e valido contraddittorio su tutta la domanda, nonche' in mancanza di certezza circa la efficacia (costitutiva/di accertamento) nei confronti anche del debitore pignorato, della ordinanza emanata ai sensi dell'art. 549 del codice di procedura civile, il terzo pignorato sarebbe esposto ad una situazione paradossale, potrebbe trovarsi a dover pagare la somma pignorata al creditore (in caso di accoglimento della domanda di assegnazione del credito) e a dovere a sua volta esperire una autonoma azione nei confronti del debitore principale, per ottenere l'accertamento dei suoi diritti e doveri discendenti dal vincolo contrattuale o dalla sua risoluzione. H) Le liti da contestazione vengono da taluno (in dottrina) descritte come controversie che danno vita ad un procedimento cognitivo bifasico, in cui la prima fase (necessaria) si caratterizza per la sommarieta' della cognizione e si conclude con un'ordinanza suscettibile di opposizione secondo le forme e nel termine perentorio prescritto nell'art. 617 del codice di procedura civile, mentre la seconda fase (eventuale), s'instaura solo a seguito di proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione e consiste in un ordinario giudizio a cognizione piena, che si conclude con una sentenza suscettibile di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. Secondo una diffusa opinione il nuovo art. 549 del codice di procedura civile, nonostante la nuova rubrica parli soltanto di «contestata dichiarazione del terzo», «in realta' contiene anche nuove modalita' di accertamento del di lui obbligo verso il debitore escusso, allorquando sorgano contestazioni sulla sua dichiarazione» (Monteleone, in Riv. esec. forz., n. 1/2013). Il giudizio anche se privo di formalismi, resterebbe quindi un «vero» giudizio cognitivo in cui l'accertamento dell'obbligo del terzo ha rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo pignorato e, come tale, rilevante solo ai fini del procedimento in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale ex lege, con conferma dell'orientamento dottrinale secondo il quale non sarebbero ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un giudizio sul medesimo rapporto tra debitore e terzo e contrariamente a quanto ritenuto dalla cassazione Sez. un. civili, 13 ottobre 2008, n. 25037, secondo la quale il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo (nella disciplina previgente): «non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata. Parte dei commentatori ha ritenuto che il giudizio instaurato a seguito della «contestazione» della dichiarazione del terzo sia stato sostanzialmente equiparato, al giudizio di cognizione sommaria di cui al nuovo art. 702-bis del codice di procedura civile e, in particolare, al V comma dell'art. 702-ter del codice di procedura civile per quanto riguarda il riferimento ai necessari accertamenti, semplificando la struttura dell'istruzione, cfr. il V comma dell'art. 702-ter del codice di procedura civile» il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalita' non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene piu' opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande. Tuttavia bisogna osservare che il possibile richiamo alla procedura semplificata di cui all'art. 702-bis e seguenti del codice di procedura civile appare limitato alle disposizioni, molto scarne sulla istruttoria sommaria, ma la disciplina dell'art. 702-ter del codice di procedura civile, diversamente da quella di cui all'art. 549 del codice di procedura civile prevede: innanzitutto un ricorso con i requisiti di cui all'art.125 del codice di procedura civile enumerati nell'art. 702-bis del codice di procedura civile, tra i quali e' previsto che debba essere determinato, nel ricorso, l'oggetto della domanda, i fatti costitutivi e le norme di diritto poste a fondamento della stessa, i mezzi di prova, le conclusioni; inoltre tale procedura e' di applicazione limitata, essendo la stessa applicabile ai soli giudizi per i quali il tribunale ritiene applicabile una procedura sommaria, mentre «Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II»; e ancora, tale procedura ex art. 702-bis del codice di procedura civile si conclude con ordinanza, ma la stessa e' espressamente dichiarata idonea a produrre gli effetti del giudicato ed e' appellabile, ex art. 702-quater, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione o notifica, e nel giudizio di appello le parti possono ottenere l'ammissione di nuovi mezzi di prova se «il collegio li ritiene indispensabili,» quindi tale procedura appare, almeno prima facie, non in contrasto con l'art. 111 Cost., diversamente da quella sommariamente delineata dall'art. 549 del codice di procedura civile nuova formulazione. I) se si aderisce alla tesi secondo la quale la ordinanza di assegnazione e' titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma non e' idonea al passaggio in giudicato, si potrebbe anche ipotizzare la possibilita', per il terzo, una volta assoggettato alla nuova procedura esecutiva iniziata nei suoi confronti dal creditore in virtu' della ordinanza di accertamento/assegnazione, di esperire opposizione alla esecuzione ai sensi dell'art. 615 del codice di procedura civile con azione di accertamento negativo, in caso di inesistenza/estinzione del credito per cui vi e' stata assegnazione; tuttavia, anche in tal caso, i diritti del terzo appaiono estremamente compressi in quanto egli si trova esposto alla formazione di un titolo esecutivo, efficace nei suoi confronti anche se emesso nell'ambito di una procedura che non tutela affatto, nei suoi confronti, le garanzie difensive. La procedura sommaria delineata dal legislatore appare meno garantista - nei confronti del terzo pignorato - di un comune procedimento per ingiunzione, dove la formazione del titolo esecutivo nei confronti del debitore e' soggetta a requisiti formali, a termini ed a garanzie ben piu' efficaci. Oltretutto sembra che la posizione prevalente della dottrina sia orientata nel senso di attribuire valore di cognizione seppure sommaria, al giudizio ex art. 549 del codice di procedura civile, con conseguente incertezza circa il successivo - effettivo e pratico - riconoscimento al terzo della facolta' di esperire, oltre alla opposizione nelle forme e nei limiti di cui all'art. 617 del codice di procedura civile, un autonomo giudizio di accertamento negativo - se del caso ai sensi dell'art. 615 del codice di procedura civile - del suo debito nei confronti del debitore esecutato e anche del creditore pignorante, al fine di ottenere la sospensione della esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione o l'eventuale rimborso (se del caso dal creditore pignorante) di quanto pagato. L) In effetti la procedura di pignoramento presso terzi, soprattutto nella sua nuova e piu' recente formulazione, appare come una procedura piuttosto snella idonea a produrre in via giudiziale un trasferimento della titolarita' di un credito vantato dal debitore nei confronti del cosiddetto «terzo», ad uno o piu' creditori. Dal momento che l'ordinanza di assegnazione non compare nell'art. 474 del codice di procedura civile, che definisce il titolo esecutivo, ne' l'art. 552 e l'art. 553 del codice di procedura civile definiscono il provvedimento di assegnazione come titolo esecutivo, vi sarebbero elementi testuali per escludere la natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo. Argomenti sostanziali per escludere tale natura si potrebbero trarre anche dalle norme generali che regolano la cessione del credito, infatti il credito non puo' che essere trasferito nei limiti in cui era posseduto dall'originario creditore (art. 1260 e seguenti del codice civile), e non si comprende per quale ragione il terzo pignorato dovrebbe sostanzialmente subire un aggravamento della propria posizione debitoria in conseguenza della azione di un creditore al cui diritto egli e' perfettamente estraneo ed indifferente, trovandosi esposto a dover comunque pagare - in presenza di un titolo esecutivo di cui il suo originario creditore non era in possesso - senza che egli possa far valere le ragioni che avrebbe potuto far valere nei confronti del suo creditore in un giudizio munito delle stesse garanzie di quelle che egli avrebbe avuto se ad agire fosse stato, appunto, il suo originario creditore. Si potrebbe aderire alla tesi che la ordinanza di assegnazione non ha natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo e che essa opera il trasferimento coattivo del credito (una sorta di cessione pro solvendo, disposta «ope iudicis», con gli stessi effetti della cessione volontaria), senza pregiudizio di alcuna delle ragioni del terzo, debitor debitoris, con la conseguenza che il terzo potrebbe far valere ogni sua ragione ed in particolare «tutte le eccezioni relative alla esistenza e validita' del negozio da cui deriva il credito ceduto e quelle concernenti l'esatto adempimento del negozio», nei successivi giudizi che il creditore dovrebbe iniziare nei suoi confronti per ottenere il pagamento in caso di mancato spontaneo adempimento, non costituendo l'ordinanza di assegnazione un accertamento della esistenza, liquidita' ed esigibilita' del credito ma solo il trasferimento del credito nei limiti in cui esso puo' essere preteso dal cedente. Tuttavia va detto che la giurisprudenza non sembra orientata affatto in tal senso e, quindi, se il G.E. emanasse una ordinanza di accertamento/assegnazione, il terzo si troverebbe comunque esposto ad una azione esecutiva e ad una serie di conseguenze negative immediate, con sviluppi processuali allo stato non solo imprevedibili, ma del tutto incerte con riguardo ai rimedi posti a presidio dei suoi diritti, salvo la scarna previsione contenuta nell'art. 549 della sua facolta' di proporre opposizione nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 del codice di procedura civile avverso la ordinanza di assegnazione. M) Va detto che, nel caso di specie, viste anche le considerazioni che precedono sulla nuova procedura prevista dall'art. 549 del codice di procedura civile in caso di «contestata dichiarazione del terzo», non sembra a questo G.E. che si possa pervenire ad estendere la nozione di «necessari accertamenti» ad un vero e proprio giudizio di cognizione con la stessa ampiezza con cui era consentito l'accertamento dell'obbligo del terzo nell'ambito della procedura (giudizio ordinario) che si svolgeva a seguito della istanza di cui all'art. 548 del codice di procedura civile. L'accertamento del credito nel caso che ci occupa, a parere della scrivente, risulta subordinato all'esperimento, con esito positivo, della eventuale altra azione avente ad oggetto la inefficacia/risoluzione del contratto preliminare di compravendita e/o del contratto di subleasing, eventualmente stipulato in frode ai creditori come sostenuto dal creditore (nella istanza di accertamento (a verbale), con conseguente accertamento/decisione delle altre questioni relative alla eventuale riduzione per eccessivita' della «penale» nonche' dei lavori realizzati nel capannone, azione che non sembra possa essere ammessa come oggetto del giudizio sommario posto all'esame del G.E. attraverso la procedura sommaria e i sommari accertamenti di cui parla l'odierno art. 549 del codice di procedura civile, avuto anche riguardo all'oggetto della domanda inizialmente proposta con l'atto di pignoramento (iniziato per ottenere il trasferimento di somme dovute in forza di contratti in essere tra le parti, e non all'esito di risoluzione per inadempimento). Qualora fosse da ritenere inammissibile, in quanto estranea alla nuova procedura sommaria delineata dall'art. 549 del codice di procedura civile, la domanda di accertamento della avvenuta risoluzione, e/o dell'esercizio del diritto di recesso, con conseguente eventuale riduzione della penale ed accertamento del danno e della somma eventualmente da restituire dal terzo pignorato al debitore esecutato, la domanda del creditore di accertamento dell'obbligo del terzo e di conseguente assegnazione del credito pignorato, dovrebbe essere rigettata. Tuttavia, anche in tal caso, si pone una questione di possibile incostituzionalita' della nuova formulazione dell'art. 549 del codice di procedura civile, in tal caso, in danno del creditore procedente. In effetti, nel regime previgente, una questione di tal genere sembra potesse essere proposta dal creditore nell'ambito del giudizio ordinario di accertamento dell'obbligo del terzo allora previsto dall'art. 548 del codice di procedura civile (cfr. per esempio Tribunale di Roma 17 maggio 2012, R.G. 7652/2007, in un caso di intestazione fiduciaria). Nel vigore della precedente disciplina, in caso di dichiarazione negativa del terzo, il creditore avrebbe potuto dare inizio ad una procedura ordinaria di accertamento di obbligo del terzo, e proporre nell'ambito di tale giudizio, provvisto di tutte le garanzie poste dall'ordinamento a tutela del contraddittorio delle parti ai sensi dell'art. 111 Cost., la domanda di accertamento della sussistenza di un eventuale credito per restituzioni conseguenti alla risoluzione/recesso, arricchimento, ecc., per i quali eventualmente sussistesse un diritto alla restituzione, come affermato dal creditore procedente nella procedura che ci occupa. Durante il corso di tale procedimento, nel vigore della precedente disciplina degli articoli 548 e 549 del codice di procedura civile, la procedura esecutiva di pignoramento presso terzi sarebbe rimasta sospesa fino a sentenza definitiva (secondo la dottrina prevalente occorrendo il passaggio in giudicato della sentenza relativa all'accertamento dell'obbligo del terzo). Nell'attuale procedimento per risolvere le «contestazioni» insorte sulla dichiarazione, non e' prevista la sospensione necessaria del processo esecutivo fino a passaggio in giudicato della sentenza (o ordinanza) di accertamento dell'obbligo del terzo. Quindi, se il G.E., all'esito dei sommari accertamenti, non ritiene accertato l'obbligo del terzo e ritiene che le questioni poste dalle parti non possano essere risolte in un giudizio sommario, sembra che debba rigettare la istanza di assegnazione, non essendo prevista la sospensione della procedura, in attesa della definizione del giudizio eventualmente promosso dal creditore nei confronti del terzo. Nel caso opposto, in cui il G.E. ritenga che sia stata raggiunta la prova dell'esistenza del credito pignorato, sembra che debba dichiarare l'esistenza del credito e contestualmente disporre l'assegnazione dello stesso, senza attendere il passaggio in giudicato dell'ordinanza di accertamento (che tuttavia potrebbe essere inidonea al passaggio in giudicato, avendo valore solo endo-procedimentale), e neppure il termine di cui all'art. 617 del codice di procedura civile per l'eventuale impugnazione. All'esito della sommaria esposizione delle questioni che si sono poste in relazione al procedimento in esame, c'e' da chiedersi se la «semplificazione acceleratoria» voluta dal legislatore del 2012 sia nel suo complesso conforme al dettato costituzionale e non sia piuttosto in contrasto con i principi informatori del «giusto processo» (art. 111 Cost.), oltre che della uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 2 Cost.) e della ragionevolezza (art. 3 Cost.). L'applicazione di tale norma (il nuovo testo degli articoli 548 e 549 del codice di procedura civile) e' necessaria ed imprescindibile nel procedimento «a quo», dal momento che il G.E. deve provvedere sia sull'eventuale ammissione degli ulteriori mezzi di prova richiesti dalle parti, sia sulla istanza di accertamento ai sensi dell'art. 549 del codice di procedura civile sulla base degli elementi di prova gia' acquisiti, sia sulla istanza di assegnazione/non assegnazione del credito e conseguente definizione/estinzione del giudizio esecutivo. Oltretutto le previsioni in materia di procedimento civile contenute nell'art. 1, comma 20, n. 3 e n. 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di stabilita' 2012, appaiono estranee al contenuto tipico della legge finanziaria/legge di stabilita', trattandosi di un intervento di carattere generale e ordinamentale che non ha attinenza diretta col bilancio statale o con la manovra economica, ma attiene alle procedure giudiziarie ordinarie di esecuzione del pignoramento presso terzi e di accertamento degli obblighi del terzo, aventi rilevanza soprattutto nei rapporti privatistici. Non e' dato comprendere quali siano le previsioni che dovrebbero giustificare tale riforma nell'ambito della programmazione del quadro macroeconomico del Paese. Ritenuto che il procedimento di accertamento ex art. 549 del codice di procedura civile ed il procedimento esecutivo vadano sospesi e gli atti rimessi alla Corte costituzionale. Osserva Che sussistono seri dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 20, n. 3 e n. 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di stabilita' 2012, ovvero dell'art. 548 e dell'art. 549 del codice di procedura civile, in combinato disposto con l'art. 543 del codice di procedura civile, anche tenendo conto delle modifiche introdotte dall'art. 13, comma 1, lettera m-ter), decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dal 21 agosto 2015 applicabili ai giudizi pendenti; nella parte in cui stabiliscono le forme del nuovo procedimento per l'accertamento dell'obbligo del terzo pignorato in caso di «contestazioni» sulla sua dichiarazione, nell'ambito della procedura esecutiva di pignoramento presso terzi. Testo art. 549 (Contestata dichiarazione del terzo). - Post riforma di cui all'art. 1, comma 20, n. 4, legge 24 dicembre 2012, n. 228 «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». Testo art. 549 (Contestata dichiarazione del terzo). - Come ulteriormente modificato dall'art. 13, comma 1, lettera m-ter), decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dal 21 agosto 2015; «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non e' possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». Testo art. 548 (Mancata dichiarazione del terzo) post riforma di cui all'art. 20, comma 20, n. 3, legge 24 dicembre 2012, n. 228 [Se il pignoramento riguarda i crediti di cui all'art. 545, terzo e quarto comma, quando il terzo non compare all'udienza stabilita, il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553]. Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza e' notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il terzo puo' impugnare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, primo comma, l'ordinanza di assegnazione di crediti adottata a norma del presente articolo, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarita' della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Testo art. 548 del codice di procedura civile ante riforma (Mancata o contestata dichiarazione del terzo). Se il terzo non comparisce all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il pretore, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo, se essa non eccede i limiti della sua competenza; altrimenti rimette le parti davanti al tribunale competente, assegnando loro un termine perentorio per la costituzione. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio di primo grado, puo' essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell'art. 232, primo comma», e testo art. 549 del codice di procedura civile ante riforma (Accertamento dell'obbligo del terzo). - Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo. La disposizione dell'art. 1, comma 20, n. 3 e n. 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, contenuta nella legge di stabilita', anche tenuto conto delle ulteriori modifiche parziali introdotte con decreto-legge n. 83/2015, art. 13, comma 1) lettera m-ter), si pone in contrasto con gli articoli articoli 2, 3, 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e sesto comma, 81 della Costituzione: art. 2. - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale; art. 3. - Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese; art. 24, commi 1 e 2. - Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento; art. 111 Cost. commi 1, 2, 6, 7. - La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, e' sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge; art. 81. - Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. ... A) Violazione art. 111 Cost. e art. 24 Cost.: art. 24 Cost. - 1. Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 2. La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento; art. 111 Cost., comma I. - «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge». Il processo deve essere «giusto» e «regolato dalla legge», e deve essere garantita la «difesa» in ogni stato e grado del procedimento. Nel caso in esame, il processo di accertamento dell'obbligo del terzo (che porta alla emanazione di: «ordinanza» che «produce effetti ai fini ... dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione») appare talmente poco «regolato dalla legge» da essere totalmente rimesso alla elaborazione giurisprudenziale nei suoi aspetti fondamentali. Inoltre la difesa (anche quella tecnica) non risulta garantita al terzo in ogni stato e grado del processo ex art. 549 del codice di procedura civile. Si tratta di un procedimento che astrattamente sembrerebbe dover portare alla emanazione di un provvedimento avente valore di titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato (questa sembrerebbe essere la interpretazione dell'intenzione del legislatore quanto all'espressione «L'ordinanza produce effetti ai fini ... dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione», anche se il legislatore non ha previsto espressamente che tale ordinanza sia «titolo esecutivo» o abbia «efficacia esecutiva» nei confronti del terzo e quindi la questione rimane aperta, stante la natura tassativa dell'elencazione prevista dall'art. 474 del codice di procedura civile e le altre considerazioni gia' svolte in motivazione), e che, tuttavia, non appare regolato dalla legge neppure nelle sue linee fondamentali. Nella precedente disciplina, il procedimento per l'accertamento dell'obbligo del terzo in caso di dichiarazione negativa, si svolgeva «a norma del libro secondo» del codice di procedura civile. Con la sostituzione dell'art. 548 del codice di procedura civile e dell'art. 549 del codice di procedura civile si e' previsto invece: con l'art. 549 che: «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». Poi, per effetto della legge di conversione del decreto-legge n. 83/2015, a decorrere dal 21 agosto 2015; art. 549: «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non e' possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». La procedura attraverso la quale il G.E. dovrebbe compiere «i necessari accertamenti» non e' indicata in alcun modo dal legislatore, il quale ha abrogato il riferimento alle norme ordinarie previste dal libro secondo, e non ha indicato a quali diverse norme il G.E. debba attenersi, per cui si da' ampio spazio alla creativita' dei singoli giudici dell'esecuzione nello stabilire sia quali accertamenti possano essere compiuti e quali no, ma anche le regole generali e l'ambito di applicazione della nuova procedura. In effetti, la nuova normativa non chiarisce l'ambito applicativo della nuova disciplina e si discute se le «contestazioni» e gli «accertamenti» possano riguardare questioni inerenti la esistenza stessa, la esigibilita', la liquidita' del credito pignorato (questioni di merito) o se debbano limitarsi a questioni di natura procedurale e formale, su aspetti di dettaglio, sulla pignorabilita' del credito, sulla esistenza di precedenti esecuzioni o sequestri, ecc. E' vero che la precedente formulazione dell'art. 548 del codice di procedura civile faceva riferimento sempre a «contestazioni» sulla dichiarazione del terzo, ma il contesto in cui era inserito e le diverse garanzie procedurali apprestate per il terzo (il cui debito veniva accertato nell'ambito di un giudizio ordinario a norma del libro secondo del codice di procedura civile) facevano si' che il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo instaurato a norma dell'art. 548 del codice di procedura civile vecchio testo fosse un vero e proprio giudizio ordinario, e potesse essere concepito come da cassazione Sez. un. civili, 13 ottobre 2008, n. 25037, secondo la quale (nella disciplina previgente): «non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata. Attualmente il legislatore sembra avere preferito una interpretazione opposta a quella della cassazione, ed avere istituito un giudizio sommario avente efficacia unicamente «endoprocedimentale», cio' fa ritenere, ad alcuni, che in tale processo non possano trovare ingresso le questioni attinenti il merito del credito pignorato ma solo le questioni di pura forma. Si ricorda che la questione e' antica e risale gia' al codice di procedura civile del 1865 nel vigore del quale, le contestazioni sulla dichiarazione del terzo venivano distinte a seconda che fossero di pura forma e, in quanto tali, decise dallo stesso giudice dell'esecuzione (art. 614) ovvero di merito e, in tal caso, «rimesse - su istanza della parte interessata - alla decisione dell'autorita' giudiziaria che sarebbe stata competente, se il dichiarante fosse stato citato direttamente dal proprio creditore (art. 616 dell'abrogato codice del 1865 secondo il quale si procedeva al giudizio di cognizione solo caso di «controversie intorno alla fatta dichiarazione, che non siano di pura forma»). Nel codice del 1940 (regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443, in Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1940) si era privilegiata la soluzione secondo la quale tutte le questioni, sia di forma che di merito venivano decise nelle forme del giudizio ordinario. In effetti, per quanto attiene alla disciplina dell'accertamento dell'obbligo del terzo, sembra che l'ordinamento nel 1865 fosse piu' garantista ed attento di quanto non lo sia diventato all'esito della riforma del 2012. I. Si potrebbe ritenere che il nuovo giudizio debba svolgersi nelle forme del processo esecutivo e che lo stesso abbia efficacia solo nell'ambito esecutivo, come sembra voler affermare il legislatore, ma in tal caso non si potrebbe, a meno di una violazione evidente del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, estendere l'oggetto del giudizio alle «questioni di merito» fatte valere dal terzo pignorato, o dal creditore pignorante: come nel caso di specie, in cui in presenza di una dichiarazione negativa del terzo, il creditore pignorante fa valere azioni surrogatorie e la pretesa di accertamento della diversa natura del rapporto tra il terzo pignorato ed il debitore esecutato. Tali questioni non potrebbero che restare estranee alla cognizione del G.E., quindi, non potrebbero essere decise dal giudice dell'esecuzione, il quale, in caso di dichiarazione negativa, dovrebbe limitarsi a dichiarare l'inammissibilita' di questioni di' merito ai sensi dell'art. 549 del codice di procedura civile e di conseguenza l'improcedibilita'/estinzione della procedura esecutiva. Cio' comporterebbe la lesione dei diritti del creditore procedente, in quanto la sospensione del processo esecutivo fino al termine dell' azione di accertamento, non e' piu' prevista. II. Si potrebbe ritenere, come alcuni hanno suggerito, che il giudizio debba svolgersi secondo le norme di cui agli art. 702 e seguenti del codice di procedura civile (inserito nel libro IV del codice di procedura civile), ma anche tale interpretazione, sarebbe piuttosto discutibile, avendo il legislatore abrogato il riferimento alle norme di cui al processo ordinario (libro II del codice di procedura civile) ed avendo egli tra l'altro previsto un unico mezzo di impugnazione, da esperirsi nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 del codice di procedura civile, mezzo ben diverso da quello previsto dall'art. 702-quater del codice di procedura civile. III. Si potrebbe aderire anche alla teoria secondo la quale il procedimento si svolgerebbe in una sorta di procedura camerale, ma che, a seguito della proposta opposizione nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 del codice di procedura civile, si instaurerebbe un vero e proprio giudizio di cognizione avente ad oggetto ogni possibile questione, di forma e di merito, come accadeva per il giudizio ordinario di cognizione ai sensi del vecchio art. 548 del codice di procedura civile. In ogni caso il processo di accertamento dell'obbligo del terzo, in caso di dichiarazione «contestata» attualmente, non risulta affatto adeguatamente «regolato dalla legge» (come prevede l'art. 111 Cost.) e quasi interamente rimesso alla interpretazione della giurisprudenza, con conseguente compromissione dei diritti di difesa dei singoli, i quali non sono posti in condizione di conoscere preventivamente, in modo sufficientemente certo, la normativa applicabile al processo che li riguarda. B) Art. 111 Cost., comma II. - «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita' ...» come si e' gia' detto nella parte espositiva, il procedimento «sommario» delineato dall'art. 549 del codice di procedura civile, nella sua nuova formulazione: 1) non chiarisce con quali modalita' ed in quali termini e forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 2) l'art. 543 del codice di procedura civile non prevede che il creditore debba indicare nel pignoramento/citazione: (come invece previsto per il giudizio ordinario dall'art. 163 del codice di procedura civile n. 3, n. 4, n. 5 e n. 7) «la determinazione della cosa oggetto della domanda», «l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni»; «l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione»; requisiti la cui essenzialita' anche in relazione a quanto previsto dall'art. 111 Cost. e' prevista - a pena di nullita' dell'atto di citazione - dall'art. 164 del codice di procedura civile; 3) la procedura cosi' sommariamente delineata dagli articoli 549, 543 del codice di procedura civile non prevede che il creditore debba necessariamente indicare nell'atto di pignoramento presso terzi (contenente la citazione del terzo a comparire alla udienza ai sensi dell'art. 543 del codice di procedura civile n. 4), in modo specifico e non generico l'oggetto e il titolo della domanda nei confronti del terzo (e' previsto infatti dall'art. 543, comma 2 del codice di procedura civile n. 2 che il pignoramento presso terzi debba contenere «l'indicazione almeno generica, delle cose o delle somme dovute e la intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice», e non e' previsto che il creditore debba specificare a quale titolo tali somme o cose siano dovute); 4) prevede per il terzo un termine a comparire estremamente ridotto (dieci giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte negativa; 5) non prevede che il terzo sia necessariamente assistito da un difensore, ne' che egli possa e debba formalizzare le proprie difese e conclusioni in una comparsa, con la necessaria assistenza tecnica, tanto che, parte della dottrina e della giurisprudenza, sottolineando come non sia possibile proporre una semplice istanza nei confronti di un soggetto che non e' parte processuale, ritiene altresi' necessaria la citazione in giudizio del terzo pignorato e, dunque, il differimento dell'udienza con termine per la chiamata (in tal modo ritenendo di evitare che il sistema presenti profili di incostituzionalita' per violazione degli articoli 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.); 6) non prevede che le parti possano e debbano precisare entro determinate scadenze e in determinate forme, le reciproche domande e conclusioni anche istruttorie (art. 183, VI comma del codice di procedura civile); 7) non prevede quali poteri istruttori abbia il giudice della esecuzione nel compiere i «necessari accertamenti» finalizzati a risolvere le «contestazioni»; 8) non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di merito ma solo che la ordinanza conclusiva del procedimento sia impugnabile nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 del codice di procedura civile senza specificare l'ampiezza dell'oggetto della impugnazione e se essa possa estendersi all'accertamento delle questioni di merito; 9) non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento, in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza e che il legislatore non ha chiarito, in quanto la formula. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione» resta piuttosto ambigua), e comunque non e' dato comprendere come - in un giudizio in cui il terzo non e' parte e comunque non ha alcuna garanzia di un regolare contraddittorio ne' conosce la disciplina che regolera' il processo (sia nella prima fase che nella fase di eventuale impugnazione), si possa pervenire alla emanazione di un titolo esecutivo efficace nei suoi confronti; 10) non chiarisce se l'ordinanza abbia efficacia di accertamento di merito anche nei confronti del debitore. La mancanza delle normali garanzie del contraddittorio - e quindi del giusto processo regolato dalla legge - appare piuttosto evidente per quanto riguarda il terzo pignorato. Non va pero' trascurato di considerare, anche, che la incertezza sulle regole di questo nuovo procedimento, riguarda anche il creditore procedente. In un caso come quello in esame, infatti, non e' chiaro se il creditore possa proporre, nell'ambito del procedimento ex art. 549 del codice di procedura civile, la domanda di accertamento della avvenuta risoluzione del contratto, con conseguente riduzione della penale, e diritto a rimborso di parte del prezzo pagato, nonche' al rimborso dei lavori fatti nell'immobile, come affermato dal creditore), anzi, tale domanda sembrerebbe non consentita dall'attuale sistema, in quanto la procedura sommaria delineata dal nuovo art. 549 del codice di procedura civile, efficace solo nell'ambito del procedimento di esecuzione in corso, sembra limitata alla decisione sulle questioni di natura puramente formale e non estesa alle decisioni di merito. Inoltre, se il G.E. dovesse ritenere non accertato il credito nell'ambito della procedura sommaria prevista dall'art. 549 del codice di procedura civile, la legge non prevede che il processo esecutivo sia automaticamente sospeso in attesa di una decisione avente efficacia di giudicato sulle questioni sollevate. Nel corso delle fasi dell'eventuale giudizio di cognizione instaurato con impugnazione della ordinanza conclusiva della sommaria procedura di cui all'art. 549 del codice di procedura civile, comunque tale giudizio debba svolgersi, non e' piu' prevista la necessaria sospensione del processo esecutivo, con la conseguenza che, in caso di diniego della ordinanza di assegnazione, il processo di esecuzione debba (probabilmente) estinguersi (vi e' incertezza anche su questo). C) Art. 111, commi 6 e 7. - 6. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 7. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, e' sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Il provvedimento di cui all'art. 549 del codice di procedura civile non sarebbe adeguatamente motivato, stante l'obiettiva incertezza del quadro normativo in cui e' inserito. Il procedimento sommario di cui all'art. 549 del codice di procedura civile si conclude con «ordinanza» e non e' stato chiarito dal legislatore se tale ordinanza abbia o meno natura di sentenza e se possa essere impugnata per cassazione, con conseguente possibile compromissione dei diritti sia del terzo che del creditore, a causa dell'incertezza circa la normativa applicabile al processo. D) Violazione articoli 2 e 3 Cost. - Gli articoli 2 e 3 risultano violati in relazione al mancato rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo e del cittadino riferita ai principi del giusto processo individuati dall'art. 111 Cost. In effetti la nuova procedura introdotta dalla legge di stabilita' (finanziaria 2013) viola l'art. 2 della Carta costituzionale in quanto, violando il diritto alla difesa di cui all'art. 24 Cost., e al «giusto processo» di cui all'art. 111 Cost., lede diritti fondamentali della persona. La violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale - principio di uguaglianza e di ragionevolezza - risulta dalla circostanza che situazioni uguali vengono disciplinate in modo diverso in considerazione di interessi estranei alle situazioni disciplinate e non altrettanto meritevoli di tutela. Si prenda ad esempio la situazione ordinaria di un creditore che agisca in giudizio nei confronti del proprio debitore per ottenere il soddisfacimento del suo credito, ebbene tale creditore dovra' pervenire al conseguimento di una sentenza, o provvedimento ordinario (ad esempio, di regola, un decreto ingiuntivo) costituente «titolo esecutivo» nei modi del processo ordinario. Quindi il primo debitore risulta tutelato da un processo ordinario/normale. Nel caso in cui invece, ad agire fosse il creditore del creditore, munito di titolo giudiziale nei confronti del suo debitore, il creditore del creditore potra' ottenere un titolo giudiziale (esecutivo, secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza sinora prevalente) nei confronti del debitore del suo debitore (debitor debitoris - terzo pignorato), senza che questi abbia diritto alle garanzie di un processo ordinario, ma tramite una procedura talmente sommaria ed indeterminata da essere del tutto priva delle garanzie fondamentali previste dalla legge. Quindi il terzo pignorato (debitor debitoris) non risulta tutelato da un processo ordinario/normale (conforme all'art. 111 Cost.) ma esposto alle conseguenze di una procedura super-accelerata, e comunque priva delle garanzie del contraddittorio, indefinita quanto ai limiti dei poteri del giudice, ai mezzi di impugnazione, alla efficacia del provvedimento che la definisce. Il terzo pignorato e' un debitore qualunque, ma risulta meno tutelato di altri, solo in considerazione del fatto che il creditore che agisce nei suoi confronti (pur non essendo creditore nei suoi confronti) abbia gia' ottenuto in precedenza un titolo esecutivo nei confronti di' un diverso soggetto, al quale il terzo pignorato e', o potrebbe essere, collegato da un rapporto obbligatorio, ancora non oggetto di accertamento giudiziale (definitivo ed esecutivo) nei suoi confronti. Ne risulta con evidenza che due debitori, in situazioni identiche con riferimento al loro debito (ancora non accertato in giudizio/privo di titolo esecutivo), possono trovarsi in situazioni di tutela giudiziale molto differenziata solo in considerazione del fatto che uno dei loro creditori sia a sua volta debitore di un altro soggetto, il quale possa agire e agisca esecutivamente (in quanto munito di titolo esecutivo nei confronti del suo debitore) con pignoramento presso il terzo. In ipotesi identiche le modalita' di accertamento del credito e di formazione giudiziale di un titolo esecutivo risultano eccessivamente differenziate e solo in considerazione di un ingiustificato e generalizzato favore per i creditori gia' muniti di titolo esecutivo (infatti non si e' proceduto a riformare le procedure ordinarie/normali di accertamento dei crediti), i quali possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei confronti di un soggetto estraneo (il terzo/debitor debitoris), con una procedura che definire poco garantista sembra quasi un eufemismo. A tale principio di uguaglianza e ragionevolezza sembra invece ispirato il codice di procedura civile del 1865 nel vigore del quale, le contestazioni sulla dichiarazione del terzo venivano distinte esplicitamente, a seconda che fossero di' pura forma e, in quanto tali, decise dallo stesso giudice dell'esecuzione (art. 614) ovvero di merito («controversie intorno alla fatta dichiarazione, che non siano di pura forma») e, in tal caso, «rimesse - su istanza della parte interessata - alla decisione dell'autorita' giudiziaria che sarebbe stata competente, se il dichiarante fosse stato citato direttamente dal proprio creditore. In effetti non e' dato comprendere con quale ragionevolezza e per quale ragione il terzo pignorato, nella attuale disciplina, debba subire una serie di conseguenze negative (compromissione dei suoi diritti di difesa, formazione anticipata del titolo esecutivo nei suoi confronti, inopponibilita' di questioni che avrebbe potuto proporre nei confronti del suo creditore) in virtu' di circostanze del tutto estranee al suo rapporto col suo creditore, e al di fuori dei limiti previsti dalle norme generali previste dal codice civile in caso di cessione del credito (in base alle quali il credito non puo' che essere trasferito nei limiti in cui era posseduto dall'originario creditore articoli 1260 e seguenti del codice civile). E) Art. 81 Cost. - Da ultimo si osserva che gli articoli in questione sono stati inseriti nella cosiddetta legge di stabilita', senza apparenti presupposti, infatti non si tratta di norme che incidono sul bilancio dello Stato e sulla programmazione economica, ma di norme che attengono strettamente alla regolamentazione dei diritti processuali delle parti coinvolte nei processi esecutivi presso terzi. Conclusioni In definitiva si ritiene che la disposizione dell'art. 1, comma 20, n. 3 e n. 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, contenuta nella legge di stabilita', anche nella formulazione successiva alle modifiche introdotte dall'art. 13, comma 1, lettera m-ter), decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, come introdotto dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, di conversione a decorrere dal 21 agosto 2015, possa risultare in contrasto con gli articoli articoli 2, 3, 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e sesto comma, 81 della Costituzione, in quanto: abroga il procedimento per accertamento dell'obbligo del terzo (che si svolgeva nelle forme ordinarie, a norma del libro secondo del codice di procedura civile) e la sospensione necessaria del processo esecutivo, e sostituisce il procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo con una procedura non sufficientemente regolata dalla legge (art. 111 Cost. «il giusto processo regolato dalla legge») e rimessa, quasi completamente, alla interpretazione dell'autorita' giudiziaria; tale procedura, nelle poche scarne norme esistenti, non prevede le adeguate garanzie difensive insite nella nozione di «contraddittorio» nei confronti del terzo pignorato (il quale e' - appunto - «terzo» nel processo esecutivo), in contrasto con l'art. 111 Cost. «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'» e l'art. 24 Cost., che prevede l'inviolabilita' del diritto di difesa; tale procedura, qualora fosse ritenuta sufficientemente delineata dal legislatore, si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., principio di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto: da un lato finisce col creare un diverso trattamento di fattispecie uguali relativamente alle modalita' di accertamento del credito e di formazione giudiziale di un titolo esecutivo (differenziate solo in considerazione di un ingiustificato e generalizzato favore per i creditori gia' muniti di titolo esecutivo, i quali possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei confronti di un soggetto estraneo, il terzo/debitor debitoris, con una procedura estremamente accelerata e molto poco garantista), ovvero dall'altro, qualora si dovesse ritenere che la nuova procedura debba applicarsi solo alle questioni di natura «formale» e non al merito, relativamente all'accertamento del debito del terzo pignorato, creerebbe un ingiustificato danno per lo stesso creditore, il quale non avrebbe piu' alcuno strumento per promuovere un giudizio di merito, incidentale alla procedura esecutiva, di accertamento dell'obbligo del terzo, non essendo (oltretutto) piu' prevista la sospensione necessaria del processo esecutivo; tale procedura, infine, e' stata introdotta con una legge di bilancio e programmazione economica, apparentemente estranea al tema trattato. La questione e' rilevante ai fini della decisione sulla ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti e sulla decisione dell'ammissibilita' delle domande e delle questioni poste dalle parti nell'ambito del procedimento ex articoli 543, 548, 549 del codice di procedura civile nuova formulazione che non appaiono suscettibili di una interpretazione conforme a Costituzione, nonche' in ordine alla emissione della ordinanza di accertamento/assegnazione ovvero di estinzione della procedura per esito negativo/ordinanza di rigetto della istanza di accertamento/assegnazione, nonche' per l'eventuale sospensione/non sospensione, della esecuzione, nel corso del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo.