TRIBUNALE DI VITERBO 
 
    Il giudice dell'esecuzione nel procedimento  R.E.  n.  10201/2013
promosso da societa' Abete S.r.l., creditore procedente, contro GI.VA
Immobiliare S.r.l.,  debitore  esecutato  e  nei  confronti  di  ASSO
S.r.l., terzo pignorato. 
    Intervenuti: letti gli atti della procedura esecutiva di cui alla
epigrafe, sciogliendo la riserva presa alla udienza del 21  settembre
2016. Premesso che: 
Fatto e svolgimento del processo. 
    1. Con atto di pignoramento presso terzi notificato  in  data  23
luglio 2013, la  societa'  Abete  S.r.l.,  creditore  procedente,  la
creditrice, premesso di  vantare  un  credito  di  €  137.702,65  nei
confronti di GI.VA Immobiliare S.r.l. in forza di decreto  ingiuntivo
provvisoriamente esecutivo n. 11/13 emesso dal Tribunale di Trento, e
di essere a conoscenza delle seguenti circostanze: 
        a) che la sua debitrice (GI.VA Immobiliare S.r.l.) vantava un
credito nei confronti della ASSO S.r.l. (terza pignorata)  in  quanto
aveva sottoscritto un preliminare di compravendita in data 20  luglio
2008, corrispondendo una caparra di € 229.110,97; 
        b) il contratto preliminare  era  stato  risolto  e  la  ASSO
S.r.l. si era impegnata, con contratto di subleasing, a restituire la
predetta somma in centosettantanove  mensilita'  pari  al  numero  di
canoni di  subleasing;  cio'  premesso,  sottoponeva  a  pignoramento
«tutte le somme dovute e debende dalla parte terza sopra citata  alla
societa' GI.VA Immobiliare S.r.l. a qualsiasi titolo nella misura  di
legge, fino alla concorrenza del proprio credito oltre gli  interessi
e le spese del presente procedimento». 
    2. Il terzo ASSO S.r.l. rendeva dichiarazione di terzo  negativa,
in data 10 settembre 2013 affermando di non avere  alcun  debito  nei
confronti della debitrice  esecutata  «atteso  che  il  contratto  di
subleasing del 1° giugno 2012 si e' risolto ex art. 1456  del  codice
civile per grave inadempimento della GI.VA Immobiliare medesima». 
    3. La creditrice procedente,  a  verbale  della  udienza  del  20
dicembre 2013 (tenutasi dinanzi al G.E. dott. Gatti),  contestava  la
dichiarazione  negativa,  e  chiedeva  l'assegnazione  del   credito,
affermando che la dichiarazione del terzo era di contenuto  positivo,
infatti ammetteva il  rapporto  cosi'  come  descritto  nell'atto  di
pignoramento presso terzi e poi sosteneva che tale contratto si fosse
risolto per inadempimento  della  GI.VA  Immobiliare  S.r.l.,  ma  la
circostanza  della  avvenuta  risoluzione  per  inadempimento  doveva
essere provata dal terzo. Oltretutto la GI.VA stava  ancora  operando
all'interno del capannone, quindi non era possibile che il  contratto
si fosse risolto. Doveva anche considerarsi  la  circostanza  che  la
GI.VA Immobiliare S.r.l. aveva versato un  importo  di  €  130.989,18
come caparra  ed  un  importo  di  €  98.121,79  come  acconto,  come
risultava dal contratto preliminare di compravendita, pertanto almeno
la somma versata come acconto doveva essere restituita e,  visto  che
la terza pignorata aveva fatto riferimento alla risoluzione e non  al
recesso, il danno doveva essere provato, con  conseguente  necessita'
di restituzione della intera somma  data  come  caparra,  qualora  il
danno non fosse stato dimostrato. Aggiungeva infine che il  contratto
di subleasing era stato  stipulato  in  frode  ai  creditori  e  che,
pertanto, la clausola che autorizzava la  ASSO  S.r.l.  a  trattenere
tutte  le  somme  ricevute  in  caso  di  inadempimento  della  GI.VA
Immobiliare S.r.l.  era  nulla  e  comunque  illecita.  Qualora  tale
clausola fosse stata ritenuta  lecita,  si  trattava  di  una  penale
eccessiva, che doveva essere ridotta  ai  sensi  dell'art.  1384  del
codice civile dal G.E.  In  ogni  caso  chiedeva  che  si  accertasse
l'esistenza del credito, produceva copia del contratto preliminare di
compravendita, un contratto integrativo del preliminare, le visure di
GI.VA Immobiliare  S.r.l.  e  di  ASSO  S.r.l.,  copia  contratto  di
subleasing e chiedeva rinvio per articolare mezzi istruttori. 
    4. Alla udienza del 28 marzo 2014 tenutasi dinanzi al G.E.  dott.
Gatti,  il  procuratore  del  creditore  insisteva  nelle  sua   tesi
difensiva  e   chiedeva   l'ammissione   dei   documenti   depositati
(sostenendo che ne' il  debitore  ne'  il  terzo  pignorato  avessero
contestato le produzioni documentali  gia'  effettuate,  pertanto  le
copie facevano  piena  prova  ai  sensi  dell'art.  2712  del  codice
civile), l'ammissione di prova per testi, nonche' di CTU per la stima
dei lavori fatti nel capannone dalla GI.VA Immobiliare S.r.l. 
    Il G.E. con provvedimento del 9 maggio 2014 preso atto che l'art.
549 del codice di procedura civile, in caso  di  contestazione  della
dichiarazione  del  terzo,  dava  al  G.E.  il  potere  di  accertare
l'esistenza del credito, pur in presenza di  dichiarazione  negativa,
pertanto «pur in assenza di un  giudizio  di  cognizione  di  merito»
ritenuto di dover salvaguardare «il principio del contraddittorio tra
le parti» disponeva che il creditore  procedente  dovesse  notificare
entro il 17 giugno 2014 al terzo ed al debitore  esecutato  «tutti  i
verbali delle udienze  tenutesi»  oltre  alla  copia  della  suddetta
ordinanza. 
    5. Alla udienza del 18 luglio  2014  si  costituiva  con  memoria
difensiva la ASSO S.r.l. (terza pignorata), che deduceva, di svolgere
attivita'  di  acquisto  e  rivendita  immobili,  con  lo  scopo   di
realizzare un utile dalla differenza tra  il  prezzo  di  acquisto  e
quello di rivendita. Per acquistare l'immobile, oggetto del contratto
con la GI.VA Immobiliare S.r.l.,  aveva  stipulato  un  contratto  di
leasing con la UBI Leasing S.p.a., e aveva  anticipato  €  108.120,00
obbligandosi al pagamento di duecentoquindici  rate  mensili  per  un
importo di € 3.227,75 ciascuna; per trarre un  utile  dalla  suddetta
operazione, avrebbe dovuto cedere l'immobile (oggetto del preliminare
con la GI.VA Immobiliare S.r.l.) entro la data del 31 luglio 2010, ma
cio' non si era verificato, per inadempienza della GI.VA  Immobiliare
S.r.l. La ASSO S.r.l. preso atto di cio', aveva cercato  di  limitare
il danno, accettando di stipulare il contratto di subleasing,  ma  la
GI.VA Immobiliare S.r.l.  aveva  perseverato  nel  suo  comportamento
inadempiente, non pagando neppure le rate mensili del subleasing. Non
si comprendeva quale fosse  quindi  il  presunto  debito  della  ASSO
S.r.l. nei confronti della GI.VA Immobiliare S.r.l. dal  momento  che
la ASSO S.r.l. aveva gia' dovuto  pagare  330.000  alla  societa'  di
leasing, importo costituito perlopiu' da interessi (€ 108.120,00 alla
stipula e settanta rate di  €  3.227,75  ciascuna,  oltre  IVA),  era
rimasta indebitata per le successive rate del leasing, non  aveva  la
disponibilita' del bene,  che  era  ancora  oggetto  della  procedura
fallimentare n. 911/2013 reg. fall. pendente dinanzi al Tribunale  di
Roma. 
    A proposito di tale procedura depositava (documento n. 8 allegato
alla  comparsa)  copia   del   «Ricorso   per   la   restituzione   -
Rivendicazione di bene immobile» con cui la ASSO S.r.l.  chiedeva  al
fallimento della Imballaggi Italia S.r.l. reg. fall. n. 911/2013,  la
restituzione del capannone sito in Civita Castellana, via Flaminia  -
localita' Prataroni censito al NCEU, foglio n. 5, particelle  n.  89,
n. 468, n. 476, n. 480, n. 482, sub. n. 10. 
    La  caparra  e  la  somma  data  in  anticipo,  per  un   importo
complessivo di € 229.110,97 non dovevano affatto essere restituite, e
cio' era vero in virtu'  della  pattuizione  esplicita  contenuta  al
riguardo nel contratto di subleasing stipulato tra la ASSO  S.r.l.  e
la GI.VA Immobiliare S.r.l. in data antecedente il  pignoramento  (1°
giugno 2012). Con tale  nuovo  contratto  era  stato  definitivamente
sciolto  il  contratto   preliminare,   e   si   era   stabilita   la
«restituzione» delle somme gia' versate  mediante  un  meccanismo  di
compensazione da attuarsi mensilmente solo su una parte del canone di
leasing.  Il  contratto  prevedeva  che:   in   qualunque   caso   di
risoluzione/cessazione, nulla sarebbe stato piu'  dovuto  alla  GI.VA
Immobiliare S.r.l. dalla ASSO S.r.l. per tale titolo. 
    La ASSO S.r.l. aveva voluto dare alla  GI.VA  Immobiliare  S.r.l.
una «seconda chance» a seguito del suo inadempimento, ridefinendo  le
obbligazioni contrattuali  con  un  contratto  novativo,  ma  si  era
cautelata dalla ipotesi di un secondo inadempimento. La comunicazione
di risoluzione per inadempimento, del 29 luglio 2013,  successiva  al
pignoramento,  era  efficace  anche  nei  confronti   del   creditore
pignorante,  in  quanto,  trattandosi  di  un  contratto   cosiddetto
«sinallagmatico» il terzo pignorato ASSO S.r.l. e'  debitore  di  una
somma, e creditore di  un'altra  somma  (i  canoni  di  sub-leasing),
pertanto le vicende del  contratto  sinallagmatico  prevalgono  sulle
ragioni dei creditori in quanto, in tale ipotesi il  terzo  pignorato
conserva le azioni contemplate dal codice civile, quali la azione  di
risoluzione ex art. 1453 del codice  civile,  per  inadempimento,  la
risoluzione  per  clausola  risolutiva   espressa,   l'eccezione   di
inadempimento contrattuale, tali eccezioni sono sempre opponibili  al
creditore pignorante, e cio' a maggior ragione se  fondate  su  fatti
antecedenti  alla  notifica  del  pignoramento.  A  voler   ragionare
diversamente, il terzo resterebbe  spogliato  delle  proprie  ragioni
difese ed eccezioni che si fondano sul vincolo sinallagmatico, e  che
l'ordinamento mette a disposizione di ogni contraente. 
    Ad esempio un datore di lavoro, al quale sia stato notificato  il
pignoramento, puo' sempre esercitare la  facolta'  di  licenziare  il
dipendente, qualora sia possibile configurare  la  sussistenza  della
giusta causa, senza che a cio' possa ostare in alcun modo  l'avvenuta
notifica del pignoramento. 
    L'inadempimento era precedente alla notifica del  PPT  in  quanto
ASSO S.r.l. aveva interrotto i pagamenti dal mese  di  marzo  2013  e
fino a giugno 2013,  e  comunque  il  contratto  doveva  considerarsi
risolto di diritto considerando il termine essenziale  ex  art.  1457
del codice civile, ex art. 7 del contratto di subleasing (allegato n.
5  alla  comparsa).  Al  momento  della  stipula  del  contratto   di
subleasing inoltre la ASSO S.r.l. non  aveva  alcuna  conoscenza  del
credito della Abete, atteso che il decreto ingiuntivo era  successivo
di un anno e mezzo, quindi  era  fuori  luogo  parlare  di  frode  ai
creditori come aveva sostenuto  la  creditrice.  Chiedeva  quindi  il
rigetto della istanza di assegnazione. 
    Il creditore  chiedeva  termine  per  contro-deduzioni,  il  G.E.
rinviava al 10 ottobre 2014 con termine per note. 
    Nella memoria depositata in data 16 settembre 2014  il  creditore
sosteneva che: il contratto di subleasing prevedeva da  un  lato  che
GI.VA Immobiliare S.r.l. si  obbligasse  a  pagare  centosettantanove
canoni di subleasing di € 4.507,69 mensili + IVA e che ASSO S.r.l. si
impegnava a rimborsare a GI.VA  Immobiliare  S.r.l.  l'importo  di  €
229.110,97  mediante  compensazione  di  parte  del  canone   mensile
suddetto, per € 1.279,94 mensili moltiplicato  per  centosettantanove
rate. GI.VA Immobiliare S.r.l. aveva versato i canoni  dal 1°  giugno
2012 al marzo 2013 (totale € 38.733,00). In totale ASSO S.r.l.  aveva
incassato da GI.VA Immobiliare S.r.l.  €  267.843,97  ed  era  ancora
proprietaria del capannone. 
    ASSO S.r.l. aveva tratto vantaggio dalla situazione e  non  aveva
subito danni. 
    Il contratto preliminare non si era risolto con  la  stipula  del
contratto di subleasing, ma entrambi i  contratti  erano  rimasti  in
essere e il contratto di subleasing aveva regolato solo una parte del
rapporto,  fermo  restando  l'accordo  preso  col   preliminare.   Il
contratto preliminare infatti, era qualificabile  come  un  contratto
definitivo, pertanto le parti, senza realmente scioglierlo, si  erano
solo accordate su una diversa modalita' di versamento del  prezzo  in
quanto la GI.VA Immobiliare S.r.l. non voleva intestarsi  l'immobile,
e per evitarlo stava cercando un altro acquirente. In ogni  caso,  se
il  contratto  preliminare  si  era  «risolto»  ASSO  S.r.l.   doveva
restituire  le  somme  percepite  e  poi  eventualmente  ottenere  il
risarcimento di eventuali danni determinati dal giudice. 
    Se  il  contratto  preliminare  non  si   era   risolto,   doveva
considerarsi pignorato e quindi assegnarsi il credito  eventuale  e/o
futuro infatti GI.VA Immobiliare S.r.l. non si sarebbe mai  intestata
l'immobile, per evitare che esso fosse aggredito dai  creditori,  dal
canto suo ASSO S.r.l. non avrebbe mai agito ai sensi  dell'art.  2932
del codice civile, dato che GI.VA Immobiliare S.r.l. non avrebbe  mai
pagato il prezzo. 
    L'unica azione esercitabile, in via surrogatoria da Abete  S.r.l.
e' quindi quella di esercitare il diritto di recesso, e  «trattenersi
la caparra», oppure chiedere la risoluzione per inadempimento, in  un
caso e nell'altro  GI.VA  Immobiliare  S.r.l.  avrebbe  diritto  alla
restituzione della somma versata in acconto  sul  prezzo  pari  ad  €
98.121,79. 
    In ogni caso  il  creditore  chiedeva  l'assegnazione  di:  «quel
credito futuro che fara' capo a GI.VA Immobiliare S.r.l. qualora ASSO
S.r.l. (o Abete S.r.l. in surrogatoria) agisse per la risoluzione del
preliminare o per fare valere  il  suo  recesso».  Sosteneva  che  la
lettera del 31 luglio 2013 con cui ASSO  S.r.l.  aveva  comunicato  a
GI.VA la volonta' di avvalersi della  clausola  risolutiva  espressa,
era inefficace ed inopponibile alla creditrice, pertanto il contratto
di subleasing era ancora  in  vigore  e  ASSO  S.r.l.  era  tenuta  a
restituire a GI.VA Immobiliare S.r.l. € 229.110,97. Qualora  il  G.E.
avesse ritenuto risolto il contratto di subleasing, la perdita  della
caparra/acconto di € 229.110,97 costituiva una penale  ex  art.  1382
del codice civile che il G.E. doveva ridurre ai sensi dell'art.  1384
del codice civile ed assegnare ad Abete S.r.l. la differenza  tra  la
somma di € 229.110,97 e la penale ricalcolata. 
    In ogni caso per caparra intendeva solo la somma di €  139.989,18
e il G.E. doveva assegnare l'acconto sul prezzo, che dovrebbe  essere
restituito per € 98.121,79. Inoltre GI.VA  Immobiliare  S.r.l.  aveva
eseguito dei lavori sul  capannone,  il  cui  importo  doveva  essere
riconosciuto a credito di GI.VA Immobiliare S.r.l. e quindi assegnato
alla creditrice procedente. 
    Diversamente opinando si sarebbe  determinato  un  ingiustificato
arricchimento in capo al terzo pignorato. 
    In altre parole, seppure in modo piuttosto confuso, il  creditore
sosteneva che sia il preliminare  che  il  subleasing  erano  rimasti
vigenti tra le parti, che in caso di recesso di una delle parti, o di
risoluzione di detti contratti, come affermato dalla terza pignorata,
la somma versata a  titolo  di  anticipo  sul  prezzo  doveva  essere
restituita da ASSO S.r.l. a GI.VA Immobiliare S.r.l. (e per  essa  al
suo creditore) e che la caparra era stata trasformata, nel  contratto
di sub leasing, in una penale eccessiva,  che  dunque  doveva  essere
ridotta dal G.E., anche di ufficio, con conseguente  attribuzione  al
creditore della differenza. 
    Successivamente alla udienza del 10 ottobre 2014,  con  ordinanza
riservata del 22 dicembre 2014 il G.E. ammetteva la prova  per  testi
chiesta dal creditore. 
    Alla udienza del 9 giugno 2015  veniva  sentito  il  dott.  Berti
Vittorio, consulente della societa' creditrice, il quale riferiva che
il legale rappresentante della societa' creditrice (sig. Nencini) gli
aveva riferito la circostanza che la  GI.VA  Immobiliare  S.r.l.  gli
aveva proposto di' compensare  il  credito  mediante  acquisto  delle
quote della GI.VA Immobiliare S.r.l. stessa. Il  dott.  Pecoraro  gli
aveva  poi  riferito  che  la  GI.VA  Immobiliare  S.r.l.  aveva   la
proprieta' di un capannone e gli aveva mandato con  e-mail  la  copia
del preliminare e del contratto di subleasing. Sul capitolo 5  («vero
che il dott. Pecoraro riferiva al ragioniere Berti che  il  contratto
preliminare del luglio 2008 era ancora vigente e che il contratto  di
subleasing era stato stipulato per esonerare ASSO S.r.l.  dai  canoni
di leasing  in  attesa  che  GI.VA  Immobiliare  S.r.l.  vendesse  il
capannone a terzi») rispondeva «non e' vero, il  dott.  Pecoraro  non
disse alcunche' di quanto mi si legge». 
    La difesa della creditrice  alla  successiva  udienza,  vista  la
mancata  comparizione  dell'altro  teste  ammesso,   dott.   Pecoraro
Giorgio, vi rinunziava. 
    Il G.E. in persona  della  dott.ssa  Crescentini,  con  ordinanza
riservata del 25 marzo 2016 respingeva la istanza di CTU relativa  ai
lavori  eseguiti  nell'immobile  dalla  GI.VA  Immobiliare  S.r.l.  e
rinviava al 21 settembre 2016. 
 
                             In diritto 
 
    A) Nel procedimento in epigrafe, instaurato  in  data  23  luglio
2013, con la notifica del PPT, deve essere applicato l'art.  549  del
codice di procedura civile nella sua  formulazione  a  seguito  delle
modifiche intervenute con legge 24 dicembre 2012, n.  228,  legge  di
stabilita' 2012. 
    Testo art. 549 (Contestata dichiarazione del terzo). - «Se  sulla
dichiarazione sorgono contestazioni, il  giudice  dell'esecuzione  le
risolve,  compiuti   i   necessari   accertamenti,   con   ordinanza.
L'ordinanza produce effetti ai  fini  del  procedimento  in  corso  e
dell'esecuzione fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  ed  e'
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    Occorre  anche  tenere  presente  che  tale  articolo  e'   stato
modificato con la legge di conversione del  decreto-legge  27  giugno
2015, n. 83, dopo che era stato gia'  instaurato  il  contraddittorio
con il terzo e con il debitore, mediante la notifica della  ordinanza
del 9 maggio 2014 e dei verbali di causa. 
    Tale nuova normativa, introdotta con la legge di conversione  del
decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, si differenzia dalla  precedente
in quanto: 
        1) prevede la ulteriore ipotesi (estranea alla fattispecie di
cui si verte in questo processo) in cui la  dichiarazione  del  terzo
manchi del tutto e non sia  possibile  l'esatta  identificazione  del
credito o dei beni del debitore in possesso del terzo; 
        2) prevede che il G.E. proceda  agli  accertamenti  solo  «su
istanza di parte»; 
        3)   prevede   che   il   giudice   debba   procedere    «nel
contraddittorio tra le parti e con il terzo». Confronto: 
      
 
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|                                     |Art. 549 del codice di       |
|                                     |procedura civile. Come       |
|                                     |modificato dall'art. 13,     |
|                                     |comma 1, lettera m-ter),     |
|                                     |decreto-legge 27 giugno 2015,|
|                                     |n. 83, convertito, con       |
|                                     |modificazioni dalla legge 6  |
|                                     |agosto 2015, n. 132, a       |
|                                     |decorrere dal 21 agosto 2015;|
|                                     |per l'applicazione di tale   |
|                                     |disposizione vedi l'art. 23, |
|Art. 549 del codice di procedura     |comma 9, dello stesso        |
|civile. Come sostituito dall'art. 1, |decreto-legge n. 83/2015. 9. |
|comma 20, n. 4), legge 24 dicembre   |Le disposizioni di cui       |
|2012, n. 228, a decorrere dal 1°     |all'art. 13, diverse da      |
|gennaio 2013 ai sensi di quanto      |quelle indicate nel presente |
|disposto dal comma 561 dell'art. 1   |articolo, si applicano anche |
|della citata legge n. 228/2012 e con |ai procedimenti pendenti alla|
|i limiti di applicabilita' previsti  |data di entrata in vigore del|
|dal comma 21 dello stesso art. 1.    |presente decreto.            |
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|                                     |Se sulla dichiarazione       |
|                                     |sorgono contestazioni o se a |
|                                     |seguito della mancata        |
|                                     |dichiarazione del terzo non  |
|                                     |e' possibile l'esatta        |
|                                     |identificazione del credito o|
|                                     |dei beni del debitore in     |
|                                     |possesso del terzo, il       |
|                                     |giudice dell'esecuzione, su  |
|                                     |istanza di parte, provvede   |
|                                     |con ordinanza, compiuti i    |
|«Se sulla dichiarazione sorgono      |necessari accertamenti nel   |
|contestazioni, il giudice            |contraddittorio tra le parti |
|dell'esecuzione le risolve, compiuti |e con il terzo. L'ordinanza  |
|i necessari accertamenti, con        |produce effetti ai fini del  |
|ordinanza. L'ordinanza produce       |procedimento in corso e      |
|effetti ai fini del procedimento in  |dell'esecuzione fondata sul  |
|corso e dell'esecuzione fondata sul  |provvedimento di assegnazione|
|provvedimento di assegnazione ed e'  |ed e' impugnabile nelle forme|
|impugnabile nelle forme e nei termini|e nei termini di cui all'art.|
|di cui all'art. 617.».               |617.                         |
+-------------------------------------+-----------------------------+
 
    Nel presente procedimento il contraddittorio e' stato  instaurato
con la notifica della ordinanza del 9 maggio 2014 e  dei  verbali  di
causa. 
    Occorre precisare che  la  modifica  introdotta  dalla  legge  di
conversione del  decreto-legge  n.  83  del  27  giugno  2015  ed  in
particolare dall'art. 13, comma 1, lettera m-ter),  decreto-legge  27
giugno 2015, n. 83, evidentemente  ha  recepito  alcuni  orientamenti
gia' espressi dalla giurisprudenza di merito, come quello seguito dal
G.E. nella presente procedura, secondo cui occorreva  l'instaurazione
di un vero e proprio contradditorio con il debitore e soprattutto con
il terzo, al fine  di  poter  procedere  agli  accertamenti  ed  alla
emissione della ordinanza prevista dal presente articolo. 
    Attraverso la notifica della ordinanza che ha disposto procedersi
agli accertamenti ai sensi dell'art.  549  del  codice  di  procedura
civile, nonche'  dei  verbali  di  causa  nell'ambito  dei  quali  il
creditore procedente aveva formalizzato la «istanza» di  procedere  a
detti accertamenti, si e' inteso dare alle parti  (debitore  e  terzo
pignorato) la possibilita' di  costituirsi  con  l'assistenza  di  un
difensore (come poi effettivamente e' accaduto solo per il terzo,  in
quanto  il  debitore  non  risulta  formalmente  costituito)   e   di
formalizzare  compiutamente  le  contestazioni  e  le  difese  e   di
documentare le proprie allegazioni difensive  nonche'  di  richiedere
gli  «accertamenti»  ritenuti  opportuni  secondo   quanto   indicato
dall'art.  549  del  codice  di  procedura  civile  nella  sua  nuova
formulazione. 
    C) A conclusione del sommario procedimento  a  cui  si  riferisce
l'art. 549 del codice di procedura civile,  in  caso  di  «Contestata
dichiarazione del terzo» e' previsto che il G.E. debba  emettere  una
ordinanza che «produce effetti ai fini del procedimento  in  corso  e
dell'esecuzione fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  ed  e'
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    D) Vengono in rilievo quindi, nel caso di specie, delle questioni
inerenti la legittimita' costituzionale dell'art. 549 del  codice  di
procedura civile nella sua nuova formulazione, cosi' come  modificato
dall'art. 1, comma 20, legge 24  dicembre  2012,  n.  228,  legge  di
stabilita' 2012, per i  procedimenti  iniziati  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2013, modificato  dall'art.  13,  comma  1,  lettera  m-ter),
decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83,  convertito,  con  modificazioni
dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dal  21  agosto  2015;
che  necessariamente  deve  essere   applicato   per   risolvere   la
controversa in oggetto (iniziata nel mese di luglio 2013). 
    E) E' bene ricordare che la precedente disciplina  era  contenuta
nell'art. 548 e nell'art. 549 del  codice  di  procedura  civile  che
prevedevano rispettivamente:  l'art.  548  del  codice  di  procedura
civile: «(Mancata o contestata dichiarazione del terzo). Se il  terzo
non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di  fare  la
dichiarazione, o  se  intorno  a  questa  sorgono  contestazioni,  il
giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della  causa  a
norma del libro secondo. Se il terzo non fa la dichiarazione  neppure
nel corso del giudizio di primo grado, puo' essere applicata nei suoi
confronti la disposizione dell'art. 232, primo  comma.».  L'art.  549
del codice di procedura civile: «Con la  sentenza  che  definisce  il
giudizio di cui  all'articolo  precedente,  il  giudice,  se  accerta
l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del  terzo,  fissa
alle parti un termine perentorio per  la  prosecuzione  del  processo
esecutivo». 
    La riforma di cui alla legge n. 228/2012, ha modificato  in  modo
radicale l'ipotesi di «contestata dichiarazione del terzo»: 
        e' stato  eliminato  un  caso  di  sospensione  ex  lege  del
processo esecutivo, per cui non si  apre  piu'  una  vera  e  propria
«parentesi cognitiva» nel corso del procedimento espropriativo presso
terzi; 
        non si parla piu'  di  «controversie»  intorno  alla  (fatta)
dichiarazione ne' espressamente  di  «accertamento  dell'obbligo  del
terzo»; 
        non era prevista  piu'  (espressamente)  alcuna  «istanza  di
parte»,  poi  reintrodotta  con   la   legge   di   conversione   del
decreto-legge n. 83/2015; 
        non si provvede piu' all'istruzione della causa  nelle  forme
del processo ordinario di cognizione («a norma del libro secondo»); 
        non viene  piu'  accertata  «con  sentenza»  l'esistenza  del
diritto  del  debitore  nei  confronti  del  terzo,  ma,   ai   sensi
dell'attuale art. 549 del codice di procedura civile si provvede  con
ordinanza. 
    Art. 549 del codice di procedura civile ora  vigente:  «Se  sulla
dichiarazione sorgono contestazioni o  se  a  seguito  della  mancata
dichiarazione del terzo non e' possibile l'esatta identificazione del
credito o dei beni del debitore in possesso  del  terzo,  il  giudice
dell'esecuzione,  su  istanza  di  parte,  provvede  con   ordinanza,
compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti  e
con il terzo». 
    L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in  corso  e
dell'esecuzione fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  ed  e'
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617. 
    Nella vigenza del codice di procedura civile del 1942, l'opinione
dottrinale maggioritaria, e poi divenuta prevalente, riteneva che  il
terzo non fosse citato perche' «si difenda e  faccia  valere  un  suo
interesse, ma perche' serva gli interessi del processo esecutivo, che
si svolge contro il debitore e presso il terzo, giudizio nel quale il
terzo - per definizione - non e' parte,  in  quanto  ne'  agisce  ne'
subisce (in senso proprio) l'espropriazione» (Colesanti, Pignoramento
presso terzi, in Enc. Dir.,) - (XXXIII,  Milano,  1983,  837;  Travi,
Espropriazione presso terzi, in Novissimo digesto  italiano,  Torino,
1960, 958). 
    Il terzo non aveva qualita' di parte nel giudizio  esecutivo,  ma
era opinione dottrinale e giurisprudenziale pacifica che avesse  tale
qualita' nel processo incidentale di accertamento del suo obbligo: un
ordinario  giudizio   di   cognizione   del   quale   si   ritenevano
litisconsorti necessari l'istante, il debitore esecutato e  il  terzo
medesimo (cassazione n. 2406 del 1966; cassazione n. 1427 del 1963). 
    Il giudizio cognitivo aveva carattere  eventuale,  seguendo  alle
ipotesi di mancata e di contestata dichiarazione del  terzo  solo  su
istanza di parte. 
    In caso di dichiarazione  negativa  ovvero  carente  di  adeguata
specificazione ai fini del perfezionamento dell'atto di pignoramento,
il creditore per affermare esistente  il  diritto  del  debitore  nei
confronti  del  terzo,  aveva  l'onere  di  provocare,  con  apposita
istanza, l'instaurazione di un ordinario giudizio di  cognizione  per
l'accertamento dell'obbligo  del  terzo,  che  -  in  caso  di  esito
positivo - gli avrebbe consentito di riassumere e portare  a  termine
l'esecuzione  contro  il  suo  debitore,  frattanto   necessariamente
sospesa. 
    Nell'ipotesi in cui, al momento  di  instaurazione  del  giudizio
sull'accertamento fosse gia' pendente altro giudizio tra il  debitore
ed il terzo, la  giurisprudenza  prevalente  aveva  ritenuto  che  il
giudice  dovesse  dichiarare  la  litispendenza   per   il   giudizio
successivo  e  che  il  creditore  procedente  fosse  legittimato  ad
intervenire nel giudizio gia' pendente (cassazione n. 281  del  1979,
in GI, 1980, I, 1, 166, in dottrina: D'Onofrio, Commento al codice di
procedura civile, II, Torino, 1957, 937; Satta, L'esecuzione forzata,
Torino, 1963, 149). 
    Secondo altra opinione, non erano ravvisabili gli  estremi  della
litispendenza in  caso  di  pendenza  di  un  giudizio  sul  medesimo
rapporto tra debitore  e  terzo  (Vaccarella,  Espropriazione  presso
terzi, in Digesto delle  discipline  privatistiche,  Sezione  civile,
VIII, Torino, 1992, 118). 
    La giurisprudenza sembra  avere  definito  la  questione  con  la
pronuncia della cassazione, Sez. un., n. 25037 del 2008,  secondo  la
quale  l'oggetto  dell'azione  di  accertamento  fosse  duplice:  sia
l'esistenza della situazione sostanziale intercorrente  tra  terzo  e
debitore,  sia   l'assoggettabilita'   del   credito   o   del   bene
all'esecuzione forzata. cassazione Sezione  un.  civili,  13  ottobre
2008, n. 25037 - Pres. Carbone - est. Travaglino:  «Le  questioni  di
giurisdizione  sono   ammissibili   nell'ambito   del   giudizio   di
accertamento dell'obbligo  del  terzo,  previsto  dall'art.  548  del
codice di procedura civile, atteso  che,  pur  essendo  promosso  dal
creditore in forza di una propria legittimazione ad agire  e  non  in
via surrogatoria del debitore, non ha rilevanza  limitata  alla  sola
azione esecutiva, ma - anche  per  motivi  di  economia  e  celerita'
processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art.  111
Cost. - si  conclude  con  una  sentenza  dal  duplice  contenuto  di
accertamento: 
        l'uno, idoneo  ad  acquistare  autorita'  di  cosa  giudicata
sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto  il  credito
del debitore esecutato (che, pertanto, e'  litisconsorte  necessario)
nei confronti del terzo pignorato; 
        l'altro,  di  rilevanza  meramente   processuale,   attinente
all'assoggettabilita'  del   credito   pignorato   all'espropriazione
forzata, efficace nei  rapporti  tra  creditore  procedente  e  terzo
«debitor  debitoris»   e   come   tale   rilevante   ai   soli   fini
dell'esecuzione  in  corso,  secondo   la   forma   dell'accertamento
incidentale «ex lege» (massima ufficiale). 
    F)  Nella  nuova  disciplina  la  controversia  conseguente  alla
contestazione della dichiarazione  del  terzo  sembra,  prima  facie,
assumere  i  caratteri  di  un  giudizio  cognitivo  privo  di  alcun
requisito formale in  ogni  sua  fase  (introduttiva,  istruttoria  e
decisoria), che  si  conclude  con  una  ordinanza  avente  efficacia
dichiaratamente limitata al procedimento esecutivo in corso. 
    Sennonche' tale giudizio, a meno di  non  volerlo  limitare  alle
mere contestazioni di natura puramente formale, inidonee di per se' a
ledere   i   diritti   del   terzo   pignorato,   e   non   incidenti
sull'accertamento della  esistenza  o  meno  del  credito  pignorato,
appare privo delle piu' elementari forme di tutela nei confronti  del
terzo  pignorato,  come  osservato  immediatamente  da  parte   della
dottrina. 
    Il terzo,  prima  della  modifica  all'art.  543  del  codice  di
procedura civile introdotta con decreto-legge 12 settembre  2014,  n.
132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014,  n.
162, non era neppure avvertito nella citazione,  contenuta  nell'atto
di   pignoramento,   con   invito   a   rendere/comunicare   la   sua
dichiarazione,      delle       conseguenze       della       mancata
dichiarazione/comparizione ai sensi del novellato art. 548 del codice
di procedura civile. 
    Il procedimento «sommario» delineato dall'art. 549 del codice  di
procedura civile, nella sua nuova formulazione: 
        1) non chiarisce con quali modalita' ed in  quali  termini  e
forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 
        2)  non  prevede  che  il  creditore   debba   indicare   nel
pignoramento/citazione:  (come  invece  previsto  per   il   giudizio
ordinario dall'art. 163 del codice di procedura civile n. 3, n. 4, n.
5 e n. 7) «la  determinazione  della  cosa  oggetto  della  domanda»,
«l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto  costituenti  le
ragioni della domanda, con le relative  conclusioni»;  «l'indicazione
specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e  in
particolare dei documenti che offre in comunicazione»;  requisiti  la
cui essenzialita', anche in relazione a quanto previsto dall'art. 111
Cost., e' prevista - a pena di  nullita'  dell'atto  di  citazione  -
dall'art. 164 del codice di procedura civile; 
        3) la procedura cosi' sommariamente delineata  dall'art.  549
del codice di procedura civile non prevede  che  il  creditore  debba
necessariamente  indicare  nell'atto  di  pignoramento  presso  terzi
(contenente la citazione del terzo a comparire alla udienza ai  sensi
dell'art. 543 del codice di procedura civile n. 4), in modo specifico
e non generico l'oggetto e il titolo della domanda nei confronti  del
terzo (e' previsto infatti dall'art.  543,  comma  2  del  codice  di
procedura  civile  n.  2  che  il  pignoramento  presso  terzi  debba
contenere «l'indicazione almeno generica, delle cose  o  delle  somme
dovute e la intimazione al terzo di non  disporne  senza  ordine  del
giudice», e non e' previsto che  il  creditore  debba  specificare  a
quale titolo tali somme o cose siano dovute); 
        4) prevede per il terzo un termine a  comparire  estremamente
ridotto (dieci giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in
vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte
negativa; 
        5) non prevede che il terzo sia necessariamente assistito  da
un difensore, ne' che egli possa  e  debba  formalizzare  le  proprie
difese e conclusioni in una comparsa, con  la  necessaria  assistenza
tecnica, tanto che, parte della dottrina, sottolineando come non  sia
possibile proporre una semplice istanza nei confronti di un  soggetto
che  non  e'  parte  processuale,  ritiene  altresi'  necessaria   la
citazione in giudizio del terzo pignorato e, dunque, il  differimento
dell'udienza con termine per la chiamata; in tal modo,  evitando  che
il sistema presenti profili  di  incostituzionalita'  per  violazione
degli articoli 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.; 
        6) non prevede che le parti possano precisare  le  reciproche
domande e conclusioni anche istruttorie (183 VI comma del  codice  di
procedura civile); 
        7) non prevede quali poteri istruttori abbia il giudice della
esecuzione nel compiere  i  «necessari  accertamenti»  finalizzati  a
risolvere le «contestazioni»; 
        8) non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di
merito ma solo che  la  ordinanza  conclusiva  del  procedimento  sia
impugnabile  nelle  forme  e  termini  delle  opposizioni  agli  atti
esecutivi di cui all'art. 617 del codice di  procedura  civile  senza
specificare l'ampiezza dell'oggetto  della  impugnazione  e  se  essa
possa estendersi  all'accertamento  della  esistenza/inesistenza  del
credito; 
        9) non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento,
in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione
dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo  nei  confronti
del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza  e
che il  legislatore  non  ha  definitivamente  chiarito,  sebbene  la
giurisprudenza della suprema corte abbia  piu'  volte  affermato  che
essa assume valore di titolo esecutivo nei confronti del terzo). 
    In base alla nuova  formulazione  dell'art.  549  del  codice  di
procedura civile, il terzo: 
        non riceve altro che la notifica di un verbale di  udienza  e
di una ordinanza e non un vero e proprio atto di citazione; 
        quindi non riceve una domanda sufficientemente  precisata  in
ordine al  suo  oggetto,  nonche'  ai  mezzi  di  prova  addotti  dal
creditore; 
        non riceve alcun avvertimento circa la  necessita'  di  farsi
assistere da un difensore, le preclusioni e  le  conseguenze  di  una
mancata o inidonea costituzione in giudizio; 
        tuttavia all'esito di questo sommario  giudizio  dall'oggetto
non precisato al suo inizio, e neppure ben precisato  nella  fase  di
instaurazione del contraddittorio, il terzo pignorato  puo'  trovarsi
costretto all'opposizione avverso  l'ordinanza  di  assegnazione  e/o
comunque costretto al pagamento di un debito, magari inesistente - in
esecuzione della stessa - ed alla successiva  azione  di  ripetizione
(nei  confronti  di  un  debitore  gia'  dimostratosi  insolvente   -
ovviamente). 
    Con il rischio di preclusione  della  sua  facolta'  di  esperire
azione di accertamento  negativo  del  debito  nei  confronti  e  del
creditore pignorante e (forse), anche del debitore, qualora egli  non
provveda nei ristretti termini di cui  all'art.  617  del  codice  di
procedura civile ad impugnare l'ordinanza di assegnazione. 
    G) Nel caso che ci occupa, il  terzo  ha  avuto  l'accortezza  di
farsi assistere da un difensore, ma risultano  comunque  estremamente
compresse le sue facolta' difensive, sotto vari aspetti: 
        a)  in  quanto  la  domanda  nei  suoi  confronti  e'   stata
modificata nel  titolo,  a  seguito  delle  contestazioni  sulla  sua
dichiarazione negativa,  senza  che  sia  prevista  alcuna  specifica
preclusione ne' requisito formale, relativamente  alla  modificazione
della domanda (proprio in quanto  genericamente  formulata  ai  sensi
dell'art. 543 del codice di procedura civile). 
    Il creditore infatti prima ha sostenuto che i supposti crediti da
esso creditore pignorati derivassero da: 
        1)  un  preliminare  di  compravendita   sottoscritto   dalla
debitrice in data 20 luglio 2008, corrispondendo alla terza pignorata
una caparra di € 229.110,97; 
        2) il contratto preliminare  era  stato  risolto  e  la  ASSO
S.r.l. si era impegnata, con contratto di subleasing, a restituire la
predetta somma in centosettantanove  mensilita'  pari  al  numero  di
canoni di  subleasing;  cio'  premesso,  sottoponeva  a  pignoramento
«tutte le somme dovute e debende dalla parte terza sopra citata  alla
societa' GI.VA Immobiliare S.r.l. a qualsiasi titolo nella misura  di
legge, fino alla concorrenza del proprio credito oltre gli  interessi
e le spese del presente procedimento». 
    Successivamente, nella istanza  di  accertamento  a  verbale,  ha
sostenuto che la clausola relativa alla perdita delle somme  inserita
nel contratto di sub  leasing  fosse  stata  stipulata  in  frode  ai
creditori e  quindi  dovesse  essere  disapplicata,  con  conseguente
obbligo di  restituzione;  nelle  sue  note  autorizzate,  ha  invece
sostenuto che il credito pignorato derivava da  una  serie  di  altre
ipotesi alternative alla prima sopra precisata: 
        ed in particolare dalla risoluzione del contratto di  leasing
e del preliminare per inadempimento di GI.VA Immobiliare S.r.l., come
credito per la restituzione dell'acconto sul prezzo e della  caparra,
previo necessario esercizio  di  azione  diretta  o  surrogatoria  di
risoluzione, e previa necessaria riduzione da parte  del  G.E.  della
penale/caparra, 
ovvero dall'esercizio del recesso da parte del promittente acquirente
o in via surrogatoria da parte del suo  creditore  e,  quindi,  dalla
necessita' di restituire almeno l'acconto sul prezzo;  in  ogni  caso
dall'effettuazione di lavori  sull'immobile,  che  davano  diritto  a
GI.VA Immobiliare S.r.l. di  chiedere  il  corrispettivo  importo,  a
qualunque  titolo  dovuto,  eventualmente  anche  di   ingiustificato
arricchimento. 
    Domande nuove e non contenute nell'originario atto  di  citazione
ne'   compiutamente   formulate   nella   istanza   di   accertamento
dell'obbligo del terzo, formalizzata a verbale; 
        b) in quanto non sono definiti i poteri istruttori del  G.E.,
con conseguente notevole indeterminatezza dell'oggetto del contendere
anche sotto il profilo della ammissibilita' delle prove richieste  ed
autorizzabili dal G.E.; 
        c) in quanto, qualora il G.E., superando  ogni  obiezione  in
ordine alla genericita' dell'atto di  pignoramento  presso  terzi  ed
alla diversita' della domanda  proposta  dal  creditore  in  sede  di
«accertamenti»,  dovesse  ritenere,  in  base   alla   documentazione
prodotta ed alle eventuali altre prove ammesse,  che  il  credito  di
somme di denaro, per restituzione di caparra o anticipo sul prezzo  o
lavori,  o  altro  sussiste,  ed   emettere   quindi   ordinanza   di
assegnazione  dello   stesso,   tale   ordinanza   non   risulterebbe
espressamente impugnabile con appello, ma solo «nelle forme e termini
delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 del  codice
di procedura civile», quindi  con  un  termine  estremamente  ridotto
(venti  giorni),  e,  almeno  stando  alla   formulazione   letterale
dell'art.  617  del  codice  di  procedura  civile,  limitatamente  a
questioni di natura formale, non inerenti la esistenza del debito, ma
le sole modalita' di svolgimento della procedura esecutiva. 
    Art. 617 del codice di procedura civile: le opposizioni  relative
alla regolarita' formale del  titolo  esecutivo  e  del  precetto  si
propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti  al  giudice
indicato nell'art.  480,  terzo  comma,  con  atto  di  citazione  da
notificarsi  nel   termine   perentorio   di   venti   giorni   dalla
notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni  di
cui al comma precedente che  sia  stato  impossibile  proporre  prima
dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione  del
titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti  di  esecuzione  si
propongono  con  ricorso  giudice  della   esecuzione   nel   termine
perentorio  di  venti  giorni  dal  primo  atto  di  esecuzione,   se
riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure  dal  giorno  in
cui i singoli atti furono compiuti. 
    La decisione  sulla  eventuale  sospensione  della  ordinanza  di
assegnazione, ai  sensi  degli  articoli  617 e  618  del  codice  di
procedura civile, e sempre nei limiti consentiti da una contestazione
di natura formale,  spetterebbe  sempre  al  medesimo  giudice  della
esecuzione che l'ha emessa, ed il successivo procedimento  di  merito
si svolgerebbe in unico grado, senza possibilita' di appello; 
        d) in quanto parte della giurisprudenza  (e  della  dottrina)
riconosce  efficacia  di   titolo   esecutivo   alla   ordinanza   di
assegnazione nei confronti del terzo (cfr. Cass. civ. 18 marzo  2003,
n. 3976), anche se molti autori sono contrari a tale  interpretazione
sia perche' nel nostro ordinamento i titoli  esecutivi  costituiscono
un numero chiuso (ex art. 474 del codice di  procedura  civile),  sia
perche' l'ordinanza di assegnazione di per se' (nel vigore del regime
precedente alla riforma del 2012) era ritenuta inidonea al  passaggio
in giudicato; quindi il terzo in caso di ordinanza  di'  accertamento
del credito/assegnazione, potrebbe trovarsi  esposto  ad  una  azione
esecutiva basata sulla emanazione di un titolo esecutivo  emesso  nei
suoi confronti all'esito di un procedimento in cui  le  modalita'  di
instaurazione del contraddittorio sono molto fumose  e  indeterminate
(inizialmente non e' previsto neppure che egli rivesta la qualita' di
parte), e contro l'ordinanza che conclude tale sommarissimo  giudizio
e' ammessa solo la opposizione ex art. 617 del  codice  di  procedura
civile; 
        e) in quanto, in mancanza di  costituzione  in  giudizio  del
debitore, in mancanza di certezze circa  l'idoneita'  della  notifica
dei verbali  e  della  ordinanza  a  instaurare  un  pieno  e  valido
contraddittorio su tutta la domanda, nonche' in mancanza di  certezza
circa la efficacia (costitutiva/di accertamento) nei confronti  anche
del debitore pignorato, della ordinanza emanata  ai  sensi  dell'art.
549 del codice  di  procedura  civile,  il  terzo  pignorato  sarebbe
esposto ad una situazione  paradossale,  potrebbe  trovarsi  a  dover
pagare la somma pignorata al creditore (in caso di accoglimento della
domanda di assegnazione del credito) e a dovere a sua volta  esperire
una autonoma  azione  nei  confronti  del  debitore  principale,  per
ottenere l'accertamento dei suoi diritti  e  doveri  discendenti  dal
vincolo contrattuale o dalla sua risoluzione. 
    H) Le liti da  contestazione  vengono  da  taluno  (in  dottrina)
descritte  come  controversie  che  danno  vita  ad  un  procedimento
cognitivo bifasico, in cui la prima fase (necessaria) si caratterizza
per la sommarieta' della cognizione e si  conclude  con  un'ordinanza
suscettibile di opposizione secondo le forme e nel termine perentorio
prescritto nell'art. 617 del codice di procedura  civile,  mentre  la
seconda fase (eventuale), s'instaura solo a seguito  di  proposizione
dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza del  giudice
dell'esecuzione e consiste in  un  ordinario  giudizio  a  cognizione
piena, che si conclude  con  una  sentenza  suscettibile  di  ricorso
straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. 
    Secondo una diffusa opinione il nuovo  art.  549  del  codice  di
procedura civile, nonostante  la  nuova  rubrica  parli  soltanto  di
«contestata dichiarazione del  terzo»,  «in  realta'  contiene  anche
nuove modalita' di accertamento del di lui obbligo verso il  debitore
escusso, allorquando sorgano contestazioni sulla  sua  dichiarazione»
(Monteleone, in Riv. esec. forz., n. 1/2013). 
    Il giudizio anche se privo di formalismi,  resterebbe  quindi  un
«vero» giudizio cognitivo  in  cui  l'accertamento  dell'obbligo  del
terzo    ha    rilevanza     meramente     processuale,     attinente
all'assoggettabilita'  del   credito   pignorato   all'espropriazione
forzata, efficace nei  rapporti  tra  creditore  procedente  e  terzo
pignorato e, come tale, rilevante solo ai fini  del  procedimento  in
corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale  ex  lege,  con
conferma dell'orientamento dottrinale secondo il quale non  sarebbero
ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un
giudizio sul medesimo rapporto tra debitore e terzo e  contrariamente
a quanto ritenuto dalla cassazione Sez. un. civili, 13 ottobre  2008,
n. 25037, secondo la quale il giudizio di  accertamento  dell'obbligo
del terzo (nella disciplina previgente): «non ha  rilevanza  limitata
alla sola azione esecutiva, ma -  anche  per  motivi  di  economia  e
celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex»
art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal  duplice  contenuto
di accertamento:  l'uno,  idoneo  ad  acquistare  autorita'  di  cosa
giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il
credito del  debitore  esecutato  (che,  pertanto,  e'  litisconsorte
necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di  rilevanza
meramente processuale, attinente  all'assoggettabilita'  del  credito
pignorato all'espropriazione forzata. 
    Parte dei commentatori ha ritenuto che il giudizio  instaurato  a
seguito della «contestazione» della dichiarazione del terzo sia stato
sostanzialmente equiparato, al giudizio di cognizione sommaria di cui
al  nuovo  art.  702-bis  del  codice  di  procedura  civile  e,   in
particolare, al V comma dell'art. 702-ter  del  codice  di  procedura
civile per quanto riguarda il riferimento ai necessari  accertamenti,
semplificando la struttura dell'istruzione, cfr. il V comma dell'art.
702-ter del codice di procedura civile» il giudice, sentite le parti,
omessa ogni formalita' non essenziale al contraddittorio, procede nel
modo che ritiene piu' opportuno agli atti di istruzione rilevanti  in
relazione all'oggetto del  provvedimento  richiesto  e  provvede  con
ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande. 
    Tuttavia  bisogna  osservare  che  il  possibile  richiamo   alla
procedura semplificata di cui all'art. 702-bis e seguenti del  codice
di procedura civile appare limitato alle disposizioni,  molto  scarne
sulla istruttoria sommaria, ma la disciplina  dell'art.  702-ter  del
codice di procedura civile, diversamente da quella  di  cui  all'art.
549 del codice di procedura civile prevede: 
        innanzitutto un ricorso con i requisiti  di  cui  all'art.125
del codice di procedura civile enumerati nell'art. 702-bis del codice
di procedura civile,  tra  i  quali  e'  previsto  che  debba  essere
determinato,  nel  ricorso,  l'oggetto   della   domanda,   i   fatti
costitutivi e le norme di diritto poste a fondamento della stessa,  i
mezzi di prova, le conclusioni; 
        inoltre tale procedura e' di applicazione  limitata,  essendo
la stessa applicabile ai  soli  giudizi  per  i  quali  il  tribunale
ritiene applicabile una procedura sommaria, mentre «Se ritiene che le
difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non  sommaria,  il
giudice, con  ordinanza  non  impugnabile,  fissa  l'udienza  di  cui
all'art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II»; 
        e ancora, tale  procedura  ex  art.  702-bis  del  codice  di
procedura  civile  si  conclude  con  ordinanza,  ma  la  stessa   e'
espressamente dichiarata idonea a produrre gli effetti del  giudicato
ed e' appellabile, ex art. 702-quater, nel termine di  trenta  giorni
dalla comunicazione o notifica, e nel giudizio di  appello  le  parti
possono ottenere l'ammissione di nuovi mezzi di prova se «il collegio
li ritiene indispensabili,»  quindi  tale  procedura  appare,  almeno
prima facie, non in contrasto con l'art. 111 Cost.,  diversamente  da
quella sommariamente delineata dall'art. 549 del codice di  procedura
civile nuova formulazione. 
    I) se si aderisce alla tesi secondo  la  quale  la  ordinanza  di
assegnazione e' titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma  non  e'
idonea al passaggio in giudicato, si  potrebbe  anche  ipotizzare  la
possibilita',  per  il  terzo,  una  volta  assoggettato  alla  nuova
procedura esecutiva iniziata nei  suoi  confronti  dal  creditore  in
virtu' della  ordinanza  di  accertamento/assegnazione,  di  esperire
opposizione alla esecuzione ai sensi  dell'art.  615  del  codice  di
procedura civile con azione di  accertamento  negativo,  in  caso  di
inesistenza/estinzione del credito per cui vi e' stata  assegnazione;
tuttavia,  anche  in  tal  caso,  i  diritti   del   terzo   appaiono
estremamente  compressi  in  quanto  egli  si  trova   esposto   alla
formazione di un titolo esecutivo, efficace nei suoi confronti  anche
se emesso nell'ambito di una procedura che non  tutela  affatto,  nei
suoi confronti, le garanzie difensive. 
    La procedura  sommaria  delineata  dal  legislatore  appare  meno
garantista - nei  confronti  del  terzo  pignorato  -  di  un  comune
procedimento per ingiunzione, dove la formazione del titolo esecutivo
nei confronti del debitore e' soggetta a requisiti formali, a termini
ed a garanzie ben piu' efficaci. 
    Oltretutto sembra che la posizione prevalente della dottrina  sia
orientata nel  senso  di  attribuire  valore  di  cognizione  seppure
sommaria, al giudizio ex art. 549 del codice di procedura civile, con
conseguente incertezza circa il successivo - effettivo  e  pratico  -
riconoscimento al  terzo  della  facolta'  di  esperire,  oltre  alla
opposizione nelle forme e nei limiti di cui all'art. 617  del  codice
di procedura civile, un autonomo giudizio di accertamento negativo  -
se del caso ai sensi dell'art. 615 del codice di procedura  civile  -
del suo debito nei confronti  del  debitore  esecutato  e  anche  del
creditore pignorante,  al  fine  di  ottenere  la  sospensione  della
esecuzione fondata sul provvedimento di  assegnazione  o  l'eventuale
rimborso (se del caso dal creditore pignorante) di quanto pagato. 
    L)  In  effetti  la  procedura  di  pignoramento  presso   terzi,
soprattutto nella sua nuova e piu' recente formulazione, appare  come
una procedura piuttosto snella idonea a produrre in via giudiziale un
trasferimento della titolarita' di un credito  vantato  dal  debitore
nei confronti del cosiddetto «terzo», ad uno o piu' creditori. 
    Dal momento che l'ordinanza di assegnazione non compare nell'art.
474  del  codice  di  procedura  civile,  che  definisce  il   titolo
esecutivo, ne' l'art. 552 e l'art. 553 del codice di procedura civile
definiscono il provvedimento di assegnazione come  titolo  esecutivo,
vi sarebbero elementi testuali per  escludere  la  natura  di  titolo
esecutivo nei confronti del terzo. 
    Argomenti sostanziali per escludere  tale  natura  si  potrebbero
trarre anche dalle  norme  generali  che  regolano  la  cessione  del
credito, infatti il credito non puo' che essere trasferito nei limiti
in cui era posseduto dall'originario creditore (art. 1260 e  seguenti
del codice civile), e non si comprende per  quale  ragione  il  terzo
pignorato  dovrebbe  sostanzialmente  subire  un  aggravamento  della
propria  posizione  debitoria  in  conseguenza  della  azione  di  un
creditore  al  cui  diritto  egli  e'   perfettamente   estraneo   ed
indifferente,  trovandosi  esposto  a  dover  comunque  pagare  -  in
presenza di un titolo esecutivo di cui il  suo  originario  creditore
non era in possesso - senza che egli possa far valere le ragioni  che
avrebbe potuto far valere nei  confronti  del  suo  creditore  in  un
giudizio munito delle stesse garanzie  di  quelle  che  egli  avrebbe
avuto se ad agire fosse stato, appunto, il suo originario creditore. 
    Si potrebbe aderire alla tesi che la  ordinanza  di  assegnazione
non ha natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo e che  essa
opera il trasferimento coattivo del credito (una  sorta  di  cessione
pro solvendo, disposta «ope iudicis», con gli  stessi  effetti  della
cessione volontaria), senza pregiudizio di alcuna delle  ragioni  del
terzo, debitor debitoris, con la conseguenza che  il  terzo  potrebbe
far valere ogni sua ragione ed in  particolare  «tutte  le  eccezioni
relative alla esistenza e validita' del  negozio  da  cui  deriva  il
credito  ceduto  e  quelle  concernenti  l'esatto   adempimento   del
negozio», nei successivi giudizi che il creditore  dovrebbe  iniziare
nei suoi confronti per ottenere  il  pagamento  in  caso  di  mancato
spontaneo adempimento, non costituendo l'ordinanza di assegnazione un
accertamento della esistenza, liquidita' ed esigibilita' del  credito
ma solo il trasferimento del credito nei  limiti  in  cui  esso  puo'
essere preteso dal cedente. 
    Tuttavia va detto che  la  giurisprudenza  non  sembra  orientata
affatto in tal senso e, quindi, se il G.E. emanasse una ordinanza  di
accertamento/assegnazione, il terzo si troverebbe comunque esposto ad
una  azione  esecutiva  e  ad  una  serie  di  conseguenze   negative
immediate,   con   sviluppi   processuali   allo   stato   non   solo
imprevedibili, ma del tutto incerte con riguardo ai  rimedi  posti  a
presidio dei suoi  diritti,  salvo  la  scarna  previsione  contenuta
nell'art. 549 della sua facolta' di proporre opposizione nelle  forme
e nei termini di cui all'art. 617  del  codice  di  procedura  civile
avverso la ordinanza di assegnazione. 
    M)  Va  detto  che,  nel  caso  di   specie,   viste   anche   le
considerazioni che precedono sulla nuova procedura prevista dall'art.
549  del  codice  di  procedura  civile  in   caso   di   «contestata
dichiarazione del terzo», non sembra  a  questo  G.E.  che  si  possa
pervenire ad estendere la nozione di «necessari accertamenti»  ad  un
vero e proprio giudizio di cognizione con la stessa ampiezza con  cui
era consentito  l'accertamento  dell'obbligo  del  terzo  nell'ambito
della procedura (giudizio ordinario) che si svolgeva a seguito  della
istanza di cui all'art. 548 del codice di procedura civile. 
    L'accertamento del credito nel caso che ci occupa, a parere della
scrivente, risulta subordinato all'esperimento, con  esito  positivo,
della   eventuale    altra    azione    avente    ad    oggetto    la
inefficacia/risoluzione del contratto  preliminare  di  compravendita
e/o del contratto di subleasing, eventualmente stipulato in frode  ai
creditori come sostenuto dal creditore (nella istanza di accertamento
(a  verbale),  con  conseguente  accertamento/decisione  delle  altre
questioni relative alla eventuale riduzione  per  eccessivita'  della
«penale» nonche' dei lavori realizzati nel capannone, azione che  non
sembra possa essere ammessa come oggetto del giudizio sommario  posto
all'esame del G.E. attraverso  la  procedura  sommaria  e  i  sommari
accertamenti di cui parla l'odierno art. 549 del codice di  procedura
civile, avuto anche riguardo all'oggetto della  domanda  inizialmente
proposta  con  l'atto  di  pignoramento  (iniziato  per  ottenere  il
trasferimento di somme dovute in forza di contratti in essere tra  le
parti, e non all'esito di risoluzione per inadempimento). 
    Qualora fosse da ritenere inammissibile, in quanto estranea  alla
nuova procedura  sommaria  delineata  dall'art.  549  del  codice  di
procedura  civile,  la  domanda  di   accertamento   della   avvenuta
risoluzione,  e/o  dell'esercizio  del  diritto   di   recesso,   con
conseguente eventuale riduzione  della  penale  ed  accertamento  del
danno e della somma eventualmente da restituire dal  terzo  pignorato
al debitore esecutato,  la  domanda  del  creditore  di  accertamento
dell'obbligo del terzo e  di  conseguente  assegnazione  del  credito
pignorato, dovrebbe essere rigettata. 
    Tuttavia, anche in tal caso, si pone una questione  di  possibile
incostituzionalita' della nuova formulazione dell'art. 549 del codice
di procedura civile, in tal caso, in danno del creditore procedente. 
    In effetti, nel regime previgente, una questione  di  tal  genere
sembra potesse essere proposta dal creditore nell'ambito del giudizio
ordinario di accertamento  dell'obbligo  del  terzo  allora  previsto
dall'art. 548 del  codice  di  procedura  civile  (cfr.  per  esempio
Tribunale di Roma 17 maggio 2012,  R.G.  7652/2007,  in  un  caso  di
intestazione fiduciaria). 
    Nel vigore della precedente disciplina, in caso di  dichiarazione
negativa del terzo, il creditore avrebbe potuto dare  inizio  ad  una
procedura ordinaria di accertamento di obbligo del terzo, e  proporre
nell'ambito di tale giudizio, provvisto di tutte  le  garanzie  poste
dall'ordinamento a tutela del contraddittorio delle  parti  ai  sensi
dell'art. 111 Cost., la domanda di accertamento della sussistenza  di
un   eventuale   credito   per    restituzioni    conseguenti    alla
risoluzione/recesso, arricchimento, ecc., per i  quali  eventualmente
sussistesse  un  diritto  alla  restituzione,  come   affermato   dal
creditore procedente nella procedura che ci occupa. 
    Durante  il  corso  di  tale  procedimento,  nel   vigore   della
precedente  disciplina  degli  articoli  548  e  549  del  codice  di
procedura civile, la procedura esecutiva di pignoramento presso terzi
sarebbe rimasta  sospesa  fino  a  sentenza  definitiva  (secondo  la
dottrina  prevalente  occorrendo  il  passaggio  in  giudicato  della
sentenza relativa all'accertamento dell'obbligo del terzo). 
    Nell'attuale  procedimento  per  risolvere   le   «contestazioni»
insorte  sulla  dichiarazione,  non  e'   prevista   la   sospensione
necessaria del processo esecutivo fino a passaggio in giudicato della
sentenza (o ordinanza) di accertamento dell'obbligo del terzo. 
    Quindi, se il  G.E.,  all'esito  dei  sommari  accertamenti,  non
ritiene accertato l'obbligo del terzo  e  ritiene  che  le  questioni
poste dalle parti non possano essere risolte in un giudizio sommario,
sembra che debba rigettare la istanza di  assegnazione,  non  essendo
prevista la sospensione della procedura, in attesa della  definizione
del giudizio eventualmente promosso dal creditore nei  confronti  del
terzo. 
    Nel caso opposto, in cui il G.E. ritenga che sia stata  raggiunta
la prova dell'esistenza  del  credito  pignorato,  sembra  che  debba
dichiarare  l'esistenza  del  credito  e   contestualmente   disporre
l'assegnazione  dello  stesso,  senza  attendere  il   passaggio   in
giudicato  dell'ordinanza  di  accertamento  (che  tuttavia  potrebbe
essere  inidonea  al  passaggio  in  giudicato,  avendo  valore  solo
endo-procedimentale), e neppure il termine di cui  all'art.  617  del
codice di procedura civile per l'eventuale impugnazione. 
    All'esito della sommaria esposizione delle questioni che si  sono
poste in relazione al procedimento in esame, c'e' da chiedersi se  la
«semplificazione acceleratoria» voluta dal legislatore del  2012  sia
nel suo complesso  conforme  al  dettato  costituzionale  e  non  sia
piuttosto  in  contrasto  con  i  principi  informatori  del  «giusto
processo» (art. 111 Cost.), oltre che della uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge (art. 2 Cost.)  e  della  ragionevolezza  (art.  3
Cost.). 
    L'applicazione di tale norma (il nuovo testo degli articoli 548 e
549 del codice di procedura civile) e' necessaria ed  imprescindibile
nel procedimento «a quo», dal momento che il G.E. deve provvedere sia
sull'eventuale ammissione degli ulteriori mezzi  di  prova  richiesti
dalle parti, sia sulla istanza di accertamento ai sensi dell'art. 549
del codice di procedura civile sulla base  degli  elementi  di  prova
gia' acquisiti, sia sulla istanza  di  assegnazione/non  assegnazione
del  credito  e  conseguente  definizione/estinzione   del   giudizio
esecutivo. 
    Oltretutto  le  previsioni  in  materia  di  procedimento  civile
contenute nell'art. 1, comma 20, n. 3 e n. 4 della legge 24  dicembre
2012,  n.  228,  legge  di  stabilita'  2012,  appaiono  estranee  al
contenuto  tipico  della  legge  finanziaria/legge   di   stabilita',
trattandosi di un intervento di carattere  generale  e  ordinamentale
che non ha attinenza diretta col bilancio statale o  con  la  manovra
economica,  ma  attiene  alle  procedure  giudiziarie  ordinarie   di
esecuzione del pignoramento presso  terzi  e  di  accertamento  degli
obblighi  del  terzo,  aventi  rilevanza  soprattutto  nei   rapporti
privatistici. Non e' dato comprendere quali siano le  previsioni  che
dovrebbero giustificare tale riforma nell'ambito della programmazione
del quadro macroeconomico del Paese. 
    Ritenuto che il procedimento di  accertamento  ex  art.  549  del
codice di  procedura  civile  ed  il  procedimento  esecutivo  vadano
sospesi e gli atti rimessi alla Corte costituzionale. 
 
                               Osserva 
 
    Che  sussistono  seri  dubbi  sulla  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 20, n. 3 e n. 4 della legge 24 dicembre  2012,  n.
228, legge di stabilita' 2012, ovvero dell'art. 548 e  dell'art.  549
del codice di procedura civile, in combinato disposto con l'art.  543
del codice di procedura civile, anche tenendo conto  delle  modifiche
introdotte dall'art. 13, comma 1, lettera  m-ter),  decreto-legge  27
giugno 2015, n. 83,  convertito,  con  modificazioni  dalla  legge  6
agosto 2015, n. 132, a decorrere dal 21 agosto  2015  applicabili  ai
giudizi pendenti; nella parte in cui stabiliscono le forme del  nuovo
procedimento per l'accertamento dell'obbligo del terzo  pignorato  in
caso di «contestazioni» sulla sua  dichiarazione,  nell'ambito  della
procedura esecutiva di pignoramento presso terzi. 
    Testo art. 549  (Contestata  dichiarazione  del  terzo).  -  Post
riforma di cui all'art. 1, comma 20, n. 4, legge 24 dicembre 2012, n.
228  «Se  sulla  dichiarazione  sorgono  contestazioni,  il   giudice
dell'esecuzione le risolve, compiuti i  necessari  accertamenti,  con
ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini  del  procedimento  in
corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione  ed
e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    Testo art. 549  (Contestata  dichiarazione  del  terzo).  -  Come
ulteriormente modificato  dall'art.  13,  comma  1,  lettera  m-ter),
decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83,  convertito,  con  modificazioni
dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dal  21  agosto  2015;
«Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se  a  seguito  della
mancata  dichiarazione  del   terzo   non   e'   possibile   l'esatta
identificazione del credito o dei beni del debitore in  possesso  del
terzo, il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede  con
ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio  tra
le parti e con il terzo. L'ordinanza  produce  effetti  ai  fini  del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di
assegnazione ed e' impugnabile nelle  forme  e  nei  termini  di  cui
all'art. 617». 
    Testo art. 548 (Mancata dichiarazione del terzo) post riforma  di
cui all'art. 20, comma 20, n. 3, legge 24 dicembre 2012, n.  228  [Se
il pignoramento riguarda i crediti  di  cui  all'art.  545,  terzo  e
quarto comma, quando il terzo non compare all'udienza  stabilita,  il
credito pignorato, nei termini indicati dal creditore,  si  considera
non contestato ai fini del procedimento in  corso  e  dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione, e il  giudice  provvede  a
norma degli articoli 552 o  553].  Quando  all'udienza  il  creditore
dichiara di non aver  ricevuto  la  dichiarazione,  il  giudice,  con
ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza e' notificata  al
terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza.  Se  questi  non
compare  alla  nuova  udienza  o,  comparendo,  rifiuta  di  fare  la
dichiarazione, il  credito  pignorato  o  il  possesso  del  bene  di
appartenenza del debitore, nei termini  indicati  dal  creditore,  si
considera  non  contestato  ai  fini  del  procedimento  in  corso  e
dell'esecuzione  fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  e  il
giudice provvede a norma degli articoli 552  o  553.  Il  terzo  puo'
impugnare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, primo comma,
l'ordinanza di assegnazione di crediti adottata a norma del  presente
articolo, se prova di non  averne  avuto  tempestiva  conoscenza  per
irregolarita'  della  notificazione  o  per  caso  fortuito  o  forza
maggiore. 
    Testo art. 548  del  codice  di  procedura  civile  ante  riforma
(Mancata o contestata dichiarazione  del  terzo).  Se  il  terzo  non
comparisce all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta  di  fare  la
dichiarazione, o  se  intorno  a  questa  sorgono  contestazioni,  il
pretore, su istanza di parte, provvede all'istruzione della  causa  a
norma del libro secondo, se  essa  non  eccede  i  limiti  della  sua
competenza;  altrimenti  rimette  le  parti  davanti   al   tribunale
competente,  assegnando   loro   un   termine   perentorio   per   la
costituzione. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure  nel  corso
del giudizio di primo grado, puo' essere applicata nei suoi confronti
la disposizione dell'art. 232, primo comma», 
e testo  art.  549  del  codice  di  procedura  civile  ante  riforma
(Accertamento  dell'obbligo  del  terzo).  -  Con  la  sentenza   che
definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice,  se
accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo,
fissa alle parti  un  termine  perentorio  per  la  prosecuzione  del
processo esecutivo. 
    La disposizione dell'art. 1, comma 20, n. 3 e n. 4 della legge 24
dicembre 2012, n. 228, contenuta nella  legge  di  stabilita',  anche
tenuto  conto  delle  ulteriori  modifiche  parziali  introdotte  con
decreto-legge n. 83/2015, art. 13, comma 1) lettera m-ter),  si  pone
in contrasto con gli articoli articoli 2,  3,  24,  primo  e  secondo
comma, 111, primo, secondo e sesto comma, 81 della Costituzione: 
        art. 2. - La Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni  sociali
ove si svolge la  sua  personalita',  e  richiede  l'adempimento  dei
doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale; 
        art. 3. - Tutti i cittadini hanno  pari  dignita'  sociale  e
sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di  lingua,  di  religione,  di  opinioni  politiche,  di  condizioni
personali e sociali. 
    E' compito della Repubblica  rimuovere  gli  ostacoli  di  ordine
economico  e  sociale,  che,  limitando  di  fatto  la   liberta'   e
l'eguaglianza dei cittadini,  impediscono  il  pieno  sviluppo  della
persona umana e l'effettiva  partecipazione  di  tutti  i  lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese; 
        art. 24, commi 1 e 2. - Tutti possono agire in  giudizio  per
la tutela dei propri diritti e  interessi  legittimi.  La  difesa  e'
diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento; 
        art. 111 Cost. commi 1, 2, 6, 7. - La giurisdizione si  attua
mediante il giusto processo regolato dalla legge. 
    Ogni processo si svolge nel  contraddittorio  tra  le  parti,  in
condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge
ne assicura la ragionevole durata. 
    Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 
    Contro le  sentenze  e  contro  i  provvedimenti  sulla  liberta'
personale,  pronunciati  dagli  organi  giurisdizionali  ordinari   o
speciali, e' sempre ammesso ricorso in cassazione per  violazione  di
legge; 
        art. 81. - Le Camere approvano  ogni  anno  i  bilanci  e  il
rendiconto consuntivo presentati dal Governo. 
... 
    A) Violazione art. 111 Cost. e art. 24 Cost.: 
        art. 24 Cost. - 1. Tutti possono agire  in  giudizio  per  la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 
    2. La difesa e' diritto inviolabile in ogni  stato  e  grado  del
procedimento; 
        art. 111  Cost.,  comma  I.  -  «La  giurisdizione  si  attua
mediante il giusto processo regolato dalla legge». 
    Il processo deve essere «giusto» e «regolato dalla legge», e deve
essere garantita la «difesa» in ogni stato e grado del procedimento. 
    Nel caso in esame, il processo di accertamento  dell'obbligo  del
terzo (che porta alla emanazione di: «ordinanza» che «produce effetti
ai  fini   ...   dell'esecuzione   fondata   sul   provvedimento   di
assegnazione») appare talmente poco «regolato dalla legge» da  essere
totalmente  rimesso  alla  elaborazione  giurisprudenziale  nei  suoi
aspetti fondamentali. 
    Inoltre la difesa (anche quella tecnica) non risulta garantita al
terzo in ogni stato e grado del processo ex art. 549  del  codice  di
procedura civile. 
    Si tratta di un procedimento che astrattamente sembrerebbe  dover
portare alla emanazione di un provvedimento avente valore  di  titolo
esecutivo nei  confronti  del  terzo  pignorato  (questa  sembrerebbe
essere la  interpretazione  dell'intenzione  del  legislatore  quanto
all'espressione   «L'ordinanza   produce   effetti   ai   fini    ...
dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione», anche  se
il legislatore non ha previsto espressamente che tale  ordinanza  sia
«titolo esecutivo» o abbia «efficacia esecutiva»  nei  confronti  del
terzo e quindi la questione rimane aperta, stante la natura tassativa
dell'elencazione prevista  dall'art.  474  del  codice  di  procedura
civile e le altre considerazioni gia' svolte in motivazione), e  che,
tuttavia, non appare regolato dalla legge  neppure  nelle  sue  linee
fondamentali. 
    Nella precedente disciplina, il procedimento  per  l'accertamento
dell'obbligo del terzo in caso di dichiarazione negativa, si svolgeva
«a norma del libro secondo» del codice di procedura civile. 
    Con la sostituzione dell'art. 548 del codice di procedura  civile
e dell'art. 549 del codice di procedura civile si e' previsto invece:
con l'art. 549 che: «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il
giudice   dell'esecuzione   le   risolve,   compiuti   i    necessari
accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini  del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di
assegnazione ed e' impugnabile nelle  forme  e  nei  termini  di  cui
all'art. 617». 
    Poi, per effetto della legge di conversione del decreto-legge  n.
83/2015, a  decorrere  dal  21  agosto  2015;  art.  549:  «Se  sulla
dichiarazione sorgono contestazioni o  se  a  seguito  della  mancata
dichiarazione del terzo non e' possibile l'esatta identificazione del
credito o dei beni del debitore in possesso  del  terzo,  il  giudice
dell'esecuzione,  su  istanza  di  parte,  provvede  con   ordinanza,
compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti  e
con il terzo. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in
corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione  ed
e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    La procedura attraverso la quale il  G.E.  dovrebbe  compiere  «i
necessari  accertamenti»  non  e'  indicata   in   alcun   modo   dal
legislatore, il quale ha abrogato il riferimento alle norme ordinarie
previste dal libro secondo, e non ha indicato a quali  diverse  norme
il G.E. debba attenersi, per cui si da' ampio spazio alla creativita'
dei  singoli  giudici  dell'esecuzione  nello  stabilire  sia   quali
accertamenti possano essere compiuti e quali no, ma anche  le  regole
generali e l'ambito di applicazione della nuova procedura. 
    In effetti, la nuova normativa non chiarisce l'ambito applicativo
della nuova disciplina e si  discute  se  le  «contestazioni»  e  gli
«accertamenti» possano riguardare  questioni  inerenti  la  esistenza
stessa,  la  esigibilita',  la  liquidita'  del   credito   pignorato
(questioni di merito) o se debbano limitarsi a  questioni  di  natura
procedurale e formale, su aspetti di dettaglio, sulla  pignorabilita'
del credito, sulla esistenza di precedenti  esecuzioni  o  sequestri,
ecc. 
    E' vero che la precedente formulazione dell'art. 548  del  codice
di procedura civile faceva riferimento sempre a «contestazioni» sulla
dichiarazione del terzo, ma il contesto in  cui  era  inserito  e  le
diverse garanzie procedurali apprestate per il terzo (il  cui  debito
veniva accertato nell'ambito di un giudizio  ordinario  a  norma  del
libro secondo del codice di procedura civile)  facevano  si'  che  il
giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo  instaurato  a  norma
dell'art. 548 del codice di procedura civile vecchio testo  fosse  un
vero e proprio giudizio ordinario, e potesse essere concepito come da
cassazione Sez. un. civili, 13 ottobre 2008,  n.  25037,  secondo  la
quale (nella disciplina previgente): «non ha rilevanza limitata  alla
sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e  celerita'
processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art.  111
Cost. - si  conclude  con  una  sentenza  dal  duplice  contenuto  di
accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata
sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto  il  credito
del debitore esecutato (che, pertanto, e'  litisconsorte  necessario)
nei confronti del terzo pignorato; l'altro,  di  rilevanza  meramente
processuale, attinente all'assoggettabilita'  del  credito  pignorato
all'espropriazione forzata. 
    Attualmente   il   legislatore   sembra   avere   preferito   una
interpretazione opposta a quella della cassazione, ed avere istituito
un     giudizio     sommario     avente     efficacia      unicamente
«endoprocedimentale», cio'  fa  ritenere,  ad  alcuni,  che  in  tale
processo non possano  trovare  ingresso  le  questioni  attinenti  il
merito del credito pignorato ma solo le questioni di pura forma. 
    Si ricorda che la questione e' antica e risale gia' al codice  di
procedura civile del 1865 nel  vigore  del  quale,  le  contestazioni
sulla dichiarazione del terzo venivano distinte a seconda che fossero
di pura  forma  e,  in  quanto  tali,  decise  dallo  stesso  giudice
dell'esecuzione (art. 614) ovvero di merito e, in tal caso,  «rimesse
- su istanza della parte interessata - alla decisione  dell'autorita'
giudiziaria che sarebbe stata competente,  se  il  dichiarante  fosse
stato  citato  direttamente   dal   proprio   creditore   (art.   616
dell'abrogato codice del  1865  secondo  il  quale  si  procedeva  al
giudizio di cognizione solo caso di «controversie intorno alla  fatta
dichiarazione, che non siano di pura forma»). 
    Nel codice del 1940 (regio decreto 28 ottobre 1940, n.  1443,  in
Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1940) si era privilegiata la  soluzione
secondo la quale tutte le questioni,  sia  di  forma  che  di  merito
venivano decise nelle forme del giudizio ordinario. 
    In effetti, per quanto attiene alla disciplina  dell'accertamento
dell'obbligo del terzo, sembra che l'ordinamento nel 1865 fosse  piu'
garantista ed attento di quanto non lo sia diventato all'esito  della
riforma del 2012. 
    I. Si potrebbe ritenere che il  nuovo  giudizio  debba  svolgersi
nelle forme del processo esecutivo e che lo  stesso  abbia  efficacia
solo  nell'ambito  esecutivo,  come   sembra   voler   affermare   il
legislatore, ma in tal caso non si potrebbe, a meno di una violazione
evidente del diritto di difesa e del principio  del  contraddittorio,
estendere l'oggetto del giudizio alle  «questioni  di  merito»  fatte
valere dal terzo pignorato, o dal creditore pignorante: come nel caso
di specie, in cui in  presenza  di  una  dichiarazione  negativa  del
terzo, il creditore pignorante fa valere  azioni  surrogatorie  e  la
pretesa di accertamento della diversa  natura  del  rapporto  tra  il
terzo pignorato ed il debitore esecutato. 
    Tali  questioni  non  potrebbero  che   restare   estranee   alla
cognizione del G.E., quindi, non potrebbero essere decise dal giudice
dell'esecuzione,  il  quale,  in  caso  di  dichiarazione   negativa,
dovrebbe limitarsi a dichiarare l'inammissibilita' di  questioni  di'
merito ai sensi dell'art. 549 del codice di  procedura  civile  e  di
conseguenza l'improcedibilita'/estinzione della procedura esecutiva. 
    Cio'  comporterebbe  la  lesione  dei   diritti   del   creditore
procedente, in quanto la sospensione del processo esecutivo  fino  al
termine dell' azione di accertamento, non e' piu' prevista. 
    II. Si potrebbe ritenere, come alcuni  hanno  suggerito,  che  il
giudizio debba svolgersi secondo le norme di  cui  agli  art.  702  e
seguenti del codice di procedura civile (inserito nel  libro  IV  del
codice di procedura civile), ma anche tale  interpretazione,  sarebbe
piuttosto discutibile, avendo il legislatore abrogato il  riferimento
alle norme di cui al processo  ordinario  (libro  II  del  codice  di
procedura civile) ed avendo egli tra l'altro previsto un unico  mezzo
di impugnazione, da esperirsi  nelle  forme  e  nei  termini  di  cui
all'art. 617 del codice di procedura civile,  mezzo  ben  diverso  da
quello previsto dall'art. 702-quater del codice di procedura civile. 
    III. Si potrebbe aderire anche alla teoria secondo  la  quale  il
procedimento si svolgerebbe in una sorta di  procedura  camerale,  ma
che, a seguito della proposta opposizione nelle forme e  nei  termini
di cui all'art. 617 del codice di procedura civile, si  instaurerebbe
un vero e proprio giudizio  di  cognizione  avente  ad  oggetto  ogni
possibile questione, di forma e  di  merito,  come  accadeva  per  il
giudizio ordinario di cognizione ai sensi del vecchio  art.  548  del
codice di procedura civile. 
    In ogni caso il processo di accertamento dell'obbligo del  terzo,
in  caso  di  dichiarazione  «contestata»  attualmente,  non  risulta
affatto adeguatamente «regolato dalla legge» (come prevede l'art. 111
Cost.)  e  quasi  interamente  rimesso  alla  interpretazione   della
giurisprudenza, con conseguente compromissione dei diritti di  difesa
dei singoli, i quali  non  sono  posti  in  condizione  di  conoscere
preventivamente,  in  modo  sufficientemente  certo,   la   normativa
applicabile al processo che li riguarda. 
    B) Art. 111 Cost., comma II.  -  «Ogni  processo  si  svolge  nel
contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita' ...»  come  si
e' gia' detto nella  parte  espositiva,  il  procedimento  «sommario»
delineato dall'art. 549 del codice di  procedura  civile,  nella  sua
nuova formulazione: 
        1) non chiarisce con quali modalita' ed in  quali  termini  e
forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 
        2) l'art. 543 del codice di procedura civile non prevede  che
il creditore debba indicare nel pignoramento/citazione: (come  invece
previsto per il  giudizio  ordinario  dall'art.  163  del  codice  di
procedura civile n. 3, n. 4, n. 5 e n. 7)  «la  determinazione  della
cosa  oggetto  della  domanda»,  «l'esposizione  dei  fatti  e  degli
elementi di diritto costituenti le  ragioni  della  domanda,  con  le
relative conclusioni»; «l'indicazione specifica dei  mezzi  di  prova
dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che
offre in comunicazione»; requisiti  la  cui  essenzialita'  anche  in
relazione a quanto previsto dall'art. 111 Cost. e' prevista - a  pena
di nullita' dell'atto di citazione -  dall'art.  164  del  codice  di
procedura civile; 
        3) la procedura cosi' sommariamente delineata dagli  articoli
549, 543 del codice di procedura civile non prevede che il  creditore
debba necessariamente indicare nell'atto di pignoramento presso terzi
(contenente la citazione del terzo a comparire alla udienza ai  sensi
dell'art. 543 del codice di procedura civile n. 4), in modo specifico
e non generico l'oggetto e il titolo della domanda nei confronti  del
terzo (e' previsto infatti dall'art.  543,  comma  2  del  codice  di
procedura  civile  n.  2  che  il  pignoramento  presso  terzi  debba
contenere «l'indicazione almeno generica, delle cose  o  delle  somme
dovute e la intimazione al terzo di non  disporne  senza  ordine  del
giudice», e non e' previsto che  il  creditore  debba  specificare  a
quale titolo tali somme o cose siano dovute); 
        4) prevede per il terzo un termine a  comparire  estremamente
ridotto (dieci giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in
vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte
negativa; 
        5) non prevede che il terzo sia necessariamente assistito  da
un difensore, ne' che egli possa  e  debba  formalizzare  le  proprie
difese e conclusioni in una comparsa, con  la  necessaria  assistenza
tecnica, tanto che, parte  della  dottrina  e  della  giurisprudenza,
sottolineando come non sia possibile proporre  una  semplice  istanza
nei confronti di un soggetto che non e'  parte  processuale,  ritiene
altresi' necessaria la citazione in giudizio del terzo  pignorato  e,
dunque, il differimento dell'udienza con termine per la chiamata  (in
tal modo ritenendo di evitare che  il  sistema  presenti  profili  di
incostituzionalita' per violazione degli articoli 24, comma 2, e 111,
comma 2, Cost.); 
        6) non prevede che le parti possano e debbano precisare entro
determinate scadenze e in determinate forme, le reciproche domande  e
conclusioni anche istruttorie (art.  183,  VI  comma  del  codice  di
procedura civile); 
        7) non prevede quali poteri istruttori abbia il giudice della
esecuzione nel compiere  i  «necessari  accertamenti»  finalizzati  a
risolvere le «contestazioni»; 
        8) non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di
merito ma solo che  la  ordinanza  conclusiva  del  procedimento  sia
impugnabile  nelle  forme  e  termini  delle  opposizioni  agli  atti
esecutivi di cui all'art. 617 del codice di  procedura  civile  senza
specificare l'ampiezza dell'oggetto  della  impugnazione  e  se  essa
possa estendersi all'accertamento delle questioni di merito; 
        9) non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento,
in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione
dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo  nei  confronti
del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza  e
che il legislatore non ha chiarito, in quanto la formula. L'ordinanza
produce effetti ai fini del procedimento in corso  e  dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione» resta piuttosto  ambigua),
e comunque non e' dato comprendere come - in un giudizio  in  cui  il
terzo non e' parte e comunque non ha alcuna garanzia di  un  regolare
contraddittorio ne' conosce la disciplina che regolera'  il  processo
(sia nella prima fase che nella fase di eventuale  impugnazione),  si
possa pervenire alla emanazione di un titolo esecutivo  efficace  nei
suoi confronti; 
        10)  non  chiarisce  se  l'ordinanza   abbia   efficacia   di
accertamento di merito anche nei confronti del debitore. 
    La mancanza delle normali garanzie del contraddittorio - e quindi
del giusto processo regolato dalla legge - appare piuttosto  evidente
per quanto riguarda il terzo pignorato. 
    Non va pero' trascurato di considerare, anche, che la  incertezza
sulle  regole  di  questo  nuovo  procedimento,  riguarda  anche   il
creditore procedente. In un caso come quello in esame,  infatti,  non
e'  chiaro  se  il  creditore   possa   proporre,   nell'ambito   del
procedimento ex art. 549 del codice di procedura civile,  la  domanda
di  accertamento  della  avvenuta  risoluzione  del  contratto,   con
conseguente riduzione della penale, e diritto a rimborso di parte del
prezzo pagato, nonche' al rimborso dei  lavori  fatti  nell'immobile,
come affermato dal creditore), anzi,  tale  domanda  sembrerebbe  non
consentita dall'attuale sistema,  in  quanto  la  procedura  sommaria
delineata dal nuovo art. 549 del codice di procedura civile, efficace
solo nell'ambito del procedimento  di  esecuzione  in  corso,  sembra
limitata alla decisione sulle questioni di natura puramente formale e
non estesa alle decisioni di merito. 
    Inoltre, se il G.E. dovesse ritenere  non  accertato  il  credito
nell'ambito della  procedura  sommaria  prevista  dall'art.  549  del
codice di procedura civile, la legge  non  prevede  che  il  processo
esecutivo sia automaticamente sospeso  in  attesa  di  una  decisione
avente efficacia di giudicato sulle questioni sollevate. 
    Nel  corso  delle  fasi  dell'eventuale  giudizio  di  cognizione
instaurato con impugnazione della ordinanza conclusiva della sommaria
procedura di  cui  all'art.  549  del  codice  di  procedura  civile,
comunque tale giudizio debba  svolgersi,  non  e'  piu'  prevista  la
necessaria sospensione del processo  esecutivo,  con  la  conseguenza
che, in caso di diniego della ordinanza di assegnazione, il  processo
di esecuzione debba (probabilmente)  estinguersi  (vi  e'  incertezza
anche su questo). 
    C)  Art.  111,  commi  6  e  7.  -  6.  Tutti   i   provvedimenti
giurisdizionali devono essere motivati. 
    7. Contro le sentenze e contro  i  provvedimenti  sulla  liberta'
personale,  pronunciati  dagli  organi  giurisdizionali  ordinari   o
speciali, e' sempre ammesso ricorso in cassazione per  violazione  di
legge. 
    Il provvedimento di cui all'art.  549  del  codice  di  procedura
civile  non  sarebbe  adeguatamente  motivato,   stante   l'obiettiva
incertezza del quadro normativo in cui e' inserito. 
    Il procedimento sommario  di  cui  all'art.  549  del  codice  di
procedura civile si conclude con «ordinanza» e non e' stato  chiarito
dal legislatore se tale ordinanza abbia o meno natura di  sentenza  e
se possa essere impugnata per cassazione, con  conseguente  possibile
compromissione dei diritti sia del terzo che del creditore,  a  causa
dell'incertezza circa la normativa applicabile al processo. 
    D) Violazione articoli 2 e 3 Cost. - Gli articoli 2 e 3 risultano
violati in relazione al  mancato  rispetto  dei  diritti  inviolabili
dell'uomo e del cittadino riferita ai principi  del  giusto  processo
individuati  dall'art.  111  Cost.  In  effetti  la  nuova  procedura
introdotta dalla legge di stabilita' (finanziaria 2013) viola  l'art.
2 della Carta costituzionale in  quanto,  violando  il  diritto  alla
difesa di cui all'art. 24  Cost.,  e  al  «giusto  processo»  di  cui
all'art. 111 Cost., lede diritti fondamentali della persona. 
    La violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale -  principio
di uguaglianza e di ragionevolezza - risulta  dalla  circostanza  che
situazioni  uguali  vengono   disciplinate   in   modo   diverso   in
considerazione di interessi estranei alle situazioni  disciplinate  e
non altrettanto meritevoli di tutela. 
    Si prenda ad esempio la situazione ordinaria di un creditore  che
agisca in giudizio nei confronti del proprio debitore per ottenere il
soddisfacimento  del  suo  credito,  ebbene  tale  creditore   dovra'
pervenire al conseguimento di una sentenza, o provvedimento ordinario
(ad esempio, di regola, un decreto  ingiuntivo)  costituente  «titolo
esecutivo» nei modi del processo ordinario. 
    Quindi  il  primo  debitore  risulta  tutelato  da  un   processo
ordinario/normale. 
    Nel  caso  in  cui  invece,  ad  agire  fosse  il  creditore  del
creditore,  munito  di  titolo  giudiziale  nei  confronti  del   suo
debitore, il  creditore  del  creditore  potra'  ottenere  un  titolo
giudiziale (esecutivo, secondo quanto ritenuto  dalla  giurisprudenza
sinora prevalente)  nei  confronti  del  debitore  del  suo  debitore
(debitor debitoris - terzo pignorato), senza che questi abbia diritto
alle garanzie di un processo  ordinario,  ma  tramite  una  procedura
talmente sommaria ed indeterminata da essere del  tutto  priva  delle
garanzie fondamentali previste dalla legge. 
    Quindi  il  terzo  pignorato  (debitor  debitoris)  non   risulta
tutelato da un  processo  ordinario/normale  (conforme  all'art.  111
Cost.) ma esposto alle conseguenze di una procedura super-accelerata,
e comunque  priva  delle  garanzie  del  contraddittorio,  indefinita
quanto ai limiti dei poteri del giudice, ai  mezzi  di  impugnazione,
alla efficacia del provvedimento che la definisce. 
    Il terzo pignorato e' un  debitore  qualunque,  ma  risulta  meno
tutelato di altri, solo in considerazione del fatto che il  creditore
che agisce nei suoi confronti (pur non  essendo  creditore  nei  suoi
confronti) abbia gia' ottenuto in precedenza un titolo esecutivo  nei
confronti di' un diverso soggetto, al quale il terzo pignorato e',  o
potrebbe essere, collegato da un rapporto  obbligatorio,  ancora  non
oggetto di accertamento giudiziale (definitivo ed esecutivo) nei suoi
confronti. 
    Ne risulta con evidenza che due debitori, in situazioni identiche
con  riferimento  al   loro   debito   (ancora   non   accertato   in
giudizio/privo di titolo esecutivo), possono trovarsi  in  situazioni
di tutela giudiziale molto differenziata solo in  considerazione  del
fatto che uno dei loro creditori sia a sua volta debitore di un altro
soggetto, il quale possa agire e  agisca  esecutivamente  (in  quanto
munito di titolo  esecutivo  nei  confronti  del  suo  debitore)  con
pignoramento presso il terzo. 
    In ipotesi identiche le modalita' di accertamento del  credito  e
di  formazione  giudiziale   di   un   titolo   esecutivo   risultano
eccessivamente  differenziate  e  solo  in   considerazione   di   un
ingiustificato e generalizzato favore per i creditori gia' muniti  di
titolo  esecutivo  (infatti  non  si  e'  proceduto  a  riformare  le
procedure ordinarie/normali di accertamento  dei  crediti),  i  quali
possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei  confronti  di  un
soggetto estraneo (il terzo/debitor debitoris), con una procedura che
definire poco garantista sembra quasi un eufemismo. 
    A tale principio di uguaglianza e  ragionevolezza  sembra  invece
ispirato il codice di procedura civile del 1865 nel vigore del quale,
le contestazioni sulla  dichiarazione  del  terzo  venivano  distinte
esplicitamente, a seconda che fossero di' pura  forma  e,  in  quanto
tali, decise dallo stesso giudice dell'esecuzione (art.  614)  ovvero
di merito («controversie intorno alla fatta  dichiarazione,  che  non
siano di pura forma») e, in tal caso, «rimesse  -  su  istanza  della
parte interessata - alla  decisione  dell'autorita'  giudiziaria  che
sarebbe stata  competente,  se  il  dichiarante  fosse  stato  citato
direttamente dal proprio creditore. 
    In effetti non e' dato comprendere con quale ragionevolezza e per
quale ragione il terzo pignorato,  nella  attuale  disciplina,  debba
subire una serie di conseguenze  negative  (compromissione  dei  suoi
diritti di difesa, formazione anticipata  del  titolo  esecutivo  nei
suoi confronti,  inopponibilita'  di  questioni  che  avrebbe  potuto
proporre nei confronti del suo creditore) in  virtu'  di  circostanze
del tutto estranee al suo rapporto col suo creditore, e al  di  fuori
dei limiti previsti dalle norme generali previste dal  codice  civile
in caso di cessione del credito (in base alle quali  il  credito  non
puo'  che  essere  trasferito  nei  limiti  in  cui   era   posseduto
dall'originario  creditore  articoli  1260  e  seguenti  del   codice
civile). 
    E) Art. 81 Cost. - Da ultimo  si  osserva  che  gli  articoli  in
questione sono stati inseriti nella cosiddetta legge  di  stabilita',
senza apparenti presupposti, infatti  non  si  tratta  di  norme  che
incidono sul bilancio dello Stato e sulla  programmazione  economica,
ma di norme che  attengono  strettamente  alla  regolamentazione  dei
diritti processuali delle  parti  coinvolte  nei  processi  esecutivi
presso terzi. 
 
                             Conclusioni 
 
    In definitiva si ritiene che la disposizione dell'art.  1,  comma
20, n. 3 e n. 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, contenuta nella
legge  di  stabilita',  anche  nella  formulazione  successiva   alle
modifiche  introdotte  dall'art.  13,  comma   1,   lettera   m-ter),
decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, come introdotto  dalla  legge  6
agosto 2015, n. 132, di conversione a decorrere dal 21  agosto  2015,
possa risultare in contrasto con gli  articoli  articoli  2,  3,  24,
primo e secondo comma, 111, primo, secondo e sesto  comma,  81  della
Costituzione, in quanto: 
        abroga il  procedimento  per  accertamento  dell'obbligo  del
terzo (che si svolgeva nelle  forme  ordinarie,  a  norma  del  libro
secondo del codice di procedura civile) e la  sospensione  necessaria
del processo esecutivo, e sostituisce il procedimento di accertamento
dell'obbligo  del  terzo  con  una  procedura  non   sufficientemente
regolata dalla legge (art. 111 Cost.  «il  giusto  processo  regolato
dalla legge») e rimessa, quasi  completamente,  alla  interpretazione
dell'autorita' giudiziaria; 
        tale procedura,  nelle  poche  scarne  norme  esistenti,  non
prevede le  adeguate  garanzie  difensive  insite  nella  nozione  di
«contraddittorio» nei confronti del terzo pignorato (il  quale  e'  -
appunto - «terzo» nel processo esecutivo), in  contrasto  con  l'art.
111 Cost. «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le  parti,
in  condizioni  di  parita'»  e  l'art.   24   Cost.,   che   prevede
l'inviolabilita' del diritto di difesa; 
        tale  procedura,  qualora  fosse  ritenuta   sufficientemente
delineata dal legislatore, si porrebbe  in  contrasto  con  l'art.  3
Cost., principio di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto: 
          da un lato finisce col creare  un  diverso  trattamento  di
fattispecie uguali relativamente alle modalita' di  accertamento  del
credito  e  di  formazione  giudiziale   di   un   titolo   esecutivo
(differenziate  solo  in  considerazione  di  un   ingiustificato   e
generalizzato favore per i creditori gia' muniti di titolo esecutivo,
i quali possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei  confronti
di  un  soggetto  estraneo,  il  terzo/debitor  debitoris,  con   una
procedura estremamente accelerata e molto poco garantista), ovvero 
          dall'altro,  qualora  si  dovesse  ritenere  che  la  nuova
procedura debba applicarsi solo alle questioni di natura «formale»  e
non al merito, relativamente all'accertamento del  debito  del  terzo
pignorato, creerebbe un ingiustificato danno per lo stesso creditore,
il quale non avrebbe piu' alcuno strumento per promuovere un giudizio
di merito, incidentale  alla  procedura  esecutiva,  di  accertamento
dell'obbligo del terzo, non essendo  (oltretutto)  piu'  prevista  la
sospensione necessaria del processo esecutivo; 
          tale procedura, infine, e' stata introdotta con  una  legge
di bilancio e programmazione economica,  apparentemente  estranea  al
tema trattato. 
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  della   decisione   sulla
ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti e sulla decisione
dell'ammissibilita' delle domande e delle questioni poste dalle parti
nell'ambito del procedimento ex articoli 543, 548, 549 del codice  di
procedura civile nuova formulazione che non appaiono suscettibili  di
una interpretazione conforme a Costituzione, nonche' in  ordine  alla
emissione della  ordinanza  di  accertamento/assegnazione  ovvero  di
estinzione della procedura per esito  negativo/ordinanza  di  rigetto
della istanza di accertamento/assegnazione, nonche'  per  l'eventuale
sospensione/non sospensione, della esecuzione, nel corso del giudizio
di accertamento dell'obbligo del terzo.